L’Ipertermia Oncologica: come funziona, principali applicazioni cliniche e sviluppi

La sinergia con preparati biodinamici
INTRODUZIONE E PRINCIPI FISICI

Il fatto che la febbre si sia mantenuta nel corso dell’evoluzione dei vertebrati sostiene con forza che le temperature febbrili conferiscono un vantaggio di sopravvivenza (Evans S , Repasky E & Fisher D, 2015)

Le prime osservazioni di tipo scienti co che il calore era in grado di far regredire un tumore risalgono alla ne del 1800, anche se già in precedenza si era notato che una febbre intensa poteva ridurre masse tumorali super ciali. William Coley fu verisimilmente il primo medico a sfruttare questa metodica introducendo l’uso di una tossina (prodotta dallo Streptococcus Pyogenes, batterio responsabile della erisipela) che, inoculata nell’uomo, era capace di innalzare la temperatura corporea e contrastare in tal modo la crescita tumorale. Nel medesimo periodo si iniziò anche ad utilizzare la radioterapia nella cura dei tumori per cui l’ipertermia venne in gran parte abbandonata a favore delle radiazioni ionizzanti, più efficaci anche se molto più tossiche. L’ipertermia moderna nasce quindi più tardi alla ne degli anni ’90, con la pubblicazione del primo studio clinico randomizzato ad opera di Patricia Sneed della Università della California, dove si dimostra un bene cio sulla sopravvivenza con l’aggiunta della ipertermia alla radioterapia nel trattamento del glioblastoma multiforme, il più aggressivo tra i tumori cerebrali maligni. L’ipertermia oncologica odierna è una modalità terapeutica, che prevede una somministrazione di calore, il più possibile selettiva, ad un tessuto tumorale, al ne di determinarvi un aumento di temperatura compreso tra 40 e 42 °C. Esistono vari modi per generare questa ipertermia all’interno dell’organismo, che dipendono dalla forma di energia utilizzata. In particolare possiamo distinguere tra:

1) Ultrasuoni, onde meccaniche con frequenze comprese tra 0.3 e 3 MHz;
2) Microonde, radiazioni elettromagnetiche di frequenza compresa tra 300 e 2450 MHz;
3) Radiofrequenze, radiazioni elettromagnetiche di frequenza inferiore ai 300 MHz.

Gli ultrasuoni permettono di focalizzare l’energia su piccoli volumi anche a notevole profondità ma subiscono il fenomeno della riflessione che si veri ca tra tessuti con impedenze acustiche diverse. Con tale metodo è frequente il dolore, dovuto all’assorbimento vibrazionale a livello osseo dell’ultrasuono. Da un punto di vista clinico risulta più funzionale l’utilizzo delle radiazioni elettromagnetiche che nel caso della ipertermia sono radiazioni non ionizzanti, dette anche NIR (Non Ionizing Radiations)

La penetrazione è di pochi centimetri nel caso delle microonde, mentre si raggiungono profondità che superano la decina di centimetri con le tecniche a radiofrequenza. La profondità di penetrazione, infatti, aumenta al diminuire della frequenza. Per questo motivo le microonde vengono utilizzate nei trattamenti super ciali, mentre le radiofrequenze nei trattamenti profondi.

COME L’IPERTERMIA INTERAGISCE CON IL SUBSTRATO BIOLOGICO

Alle alte temperature la ipertermia da sola produce un effetto diretto sulle cellule del tumore, determinando alcuni danni sulle proteine e sulle strutture cellulari, in particolare la denaturazione delle membrane cellulari costituite da lipoproteine, danni che possono divenire irreversibili e portare alla morte cellulare per apoptosi (suicidio della cellula). Tuttavia, dalla Consensus Conference di Osaka del 2004, è emersa la rac- comandazione di non impiegare la ipertermia da sola ma sempre combinata con radio e/o chemioterapia, risultando essa in questo modo più efficace. Questa combinazione terapeutica si giustifica con il fatto che l’ipertermia aumenta la radio e la chemiosensibilità dei tessuti tumorali che risultano spesso compromesse in condizioni di scarsità di ossigeno, di carenza di elementi nutritivi cellulari e di elevata acidità. Tale situazione di radio e chemioresistenza sovente si veri ca nell’ambito di un tessuto in cui la vascolarizzazione è patologica come nella neoformazione dei vasi tumorali (neoangiogenesi). In questi casi l’ipertermia agisce con varie modalità ma principalmente inibendo i meccanismi di riparazione del danno subletale determinatosi a livello di DNA a seguito delle cure antitumorali e riducendo quindi la resistenza delle cellule ai trattamenti. Le cellule sono dotate di vari percorsi metabolici (pathways) idonei a riparare i danni dei cromosomi danneggiati dalle radiazioni ionizzanti e dai farmaci antiblastici. La inibizione di queste vie da parte della ipertermia non consente la riparazione dei danni subletali che, accumulandosi nel tempo, portano la cellula tumorale alla morte. Esiste un importante effetto differenziale della ipertermia sulle cellule sane e cancerose che permette alle prime di non subire danni e di rendere pertanto la ipertermia praticamente priva di effetti collaterali. Le cellule tumorali a seguito della neoangiogenesi posseggono, contrariamente a quelle sane, una rete va- sale caotica, che non consente lo smaltimento del calore che viene quindi accumulato. Un ulteriore meccanismo terapeutico è rappresentato dalla vasodilatazione che provoca un maggior af usso di sangue e un rallentamento della circolazione nell’area riscaldata, arricchendola di ossigeno ed aumentando di conseguenza la produzione di radicali liberi che rendono la radioterapia più ef cace. Nel caso il paziente sia sottoposto a chemioterapia, il calore è invece in grado di veicolare una maggior quantità di farmaci all’interno del tumore e a concentrarli più a lungo nella sede di interesse, evitando che questi aumentino la tossicità negli altri distretti corporei. In alcuni casi, sfruttando l’azione di particolari vescicole microscopiche contenenti farmaci (liposomi termosensibili), è possibile far rilasciare i farmaci antiblastici in essi contenuti, unicamente nelle aree a temperatura più elevata, evitando di diffondere tossicità a sedi non intaccate dalla malattia. Si tratta di una terapia mirata che ha come bersaglio le sole cellule neoplastiche. Altra modalità per eseguire una ipertermia mirata è rappresentata dall’uso di nanoparticelle magnetiche che, introdotte mediante cateteri all’interno della massa tumorale, vengono poi riscaldate selettivamente, utilizzando campi magnetici alternati (ipertermia magnetica).
Un breve cenno merita anche l’azione della ipertermia sul sistema immunitario, dove essa agisce a livello di linfociti e di Natural Killer, cellule prive di memoria immunologica ma in grado di agire immediatamente. L’ipertermia modula direttamente o indirettamente le cellule del sistema e può scatenare la immunità naturale contro il cancro. Essa attiva inoltre, tramite le tipiche proteine prodotte dallo stress termico (Heat Shock Proteins), speciali cellule chiamate cellule dendritiche, responsabili del riconoscimento degli antigeni tumorali, stimolandole ad aggredire il tumore. Anche il cosiddetto “traffico dei linfociti” viene aumentato e spostato dal comparto vascolare a quello linfoide (linfonodi e milza), dove questi vengono attivati ed “armati” per contrastare il cancro.

COME SI USA L’IPERTERMIA NELLA CURA DEL CANCRO

Diversi metodi sono in uso o in via di sperimentazione. Tra questi si annoverano le seguenti modalità:
1) Ipertermia locale, quando il calore è applicato ad una area relativamente piccola, comprendente il tumore, che si distingue in:

  • superficiale, per tumori posti sulla superficie corporea;
  • endocavitaria, per trattare tramite sonde tumori sviluppatisi in una cavità naturale corporea, come l’esofago o il retto;
  • interstiziale, per tumori in profondità come per esempio per i tumori cerebrali, tramite antenne impiantabili o inseribili nei tessuti in speciali vettori.

2) Ipertermia regionale, per aree più ampie, comprendenti organi vari e gli arti:

  • per tessuti profondi come la vescica o la cervice uterina con l’uso di applicatori esterni contenenti elettrodi dedicati e relativo sistema di raffreddamento della cute;
  • perfusione regionale, tecnica utilizzata ad esempio per trattare il melanoma degli arti in associazione alla chemioterapia. In tal caso parte del sangue del paziente viene sottratto, scaldato e riperfuso;
  • perfusione peritoneale ipertermica continua dopo asportazione del peritoneo (peritonectomia).

3) Ipertermia total-body, dove tutto il corpo, ad eccezione della testa, viene contemporaneamente riscaldato. Essa viene usata per combattere la malattia in fase disseminata o metastatica, attraverso l’utilizzo di camere termiche o altri dispositivi.

INTEGRAZIONE COMPLEMENTARE ENZIMATICA (TCE) CON PREPARATI BIODINAMICI E IPERTERMIA ONCOLOGICA

“La biodinamica è lo studio delle dinamiche interne ed esterne dell’essere vivente, dell’organismo visto come sistema integrato ed aperto. Le sue basi teoriche e sperimentali poggiano sullo studio dei sistemi dinamici in modelli logico-matematici, sulle acquisizioni della siologia e della biochimica, sulla bio sica e l’elettromagnetismo, sulla patologia generale e la biologia molecolare, ma anche sui grandi filoni storici in cui la dinamica dell’essere vivente è stata posta alla base delle metodologie diagnostiche e terapeutiche: medicine orientali, tradizioni fitoterapeutiche e omeopatiche” (P. Bellavite et al. Università di Verona).

In questo contesto entrano in gioco i preparati biodinamici, che non sono farmaci, in quanto più correttamente vengono de niti integratori biodinamici. Questi, a detta degli esperti di integrazione alimentare, hanno la capacità di facilitare alcuni passaggi bio-energetici intracellulari che risultano fondamentali per vari metabolismi della cellula. Esiste un’azienda italiana (Citozeatec Srl) i cui Ricercatori da oltre 30 anni sono impegnati nello studio di questi preparati, sperimentandoli con la collaborazione di centri quali cati (Università di Tor Vergata, Roma, Università del Molise, Università popolare di Mosca).

Queste ricerche di laboratorio mettono in evidenza una serie di dati che attestano una predisposizione da parte degli integratori biodinamici a comunicare con i metabolismi intracellulari favorendo la regolazione dell’omeostasi dell’organismo in situazioni metaboliche critiche come quelle esistenti in presenza di un tumore. Quale può essere il punto di contatto tra integratori biodinamici e ipertermia? La moderna ipertermia oncologica rati cata dagli accordi di Osaka nel 2004 è utilizzata solo in combinazione con la radio e/o la chemioterapia. Pertanto un trattamento integrato in cui entrino in gioco gli integratori biodinamici non può prescindere dal valutare gli effetti com- binati degli integratori con i farmaci antineoplastici e con le radiazioni ionizzanti. Certamente si tratterebbe di una cura priva di tossicità importante, che invece si rileva costantemente durante le terapie oncologiche convenzionali, e certamente meglio tollerata da un paziente con ridotte capacità di recupero sico e psicologico. Ancora più evidente risulta il ruolo degli integratori nei trattamenti combinati chemioradioterapici, laddove la elevata tossicità derivata da questi trattamenti può essere in parte mitigata dall’impiego di queste sostanze. In particolare la situazione metabolica del paziente, normalmente compromessa dalla combinazione chemioterapia-ipertermia, può essere adeguatamente bilanciata da un trattamento integrato, dove gli integratori biodinamici dovrebbero essere affiancati alla cura convenzionale in via preventiva sin dall’inizio, senza attendere la comparsa degli effetti collaterali. Una ulteriore indicazione agli integratori biodinamici è rappresentata dalla loro possibilità di somministrazione nell’intervallo tra introduzioni di chemioterapici antiblastici, o quando, in presenza di elevata tossicità ematologica, ogni cura oncologica debba essere temporaneamente sospesa in attesa di un recupero siologico che spesso avviene con lentezza esasperante per il paziente. In questi casi, gli integratori vanno non a sostituire la cura ma a colmare un vuoto temporale nella continuità terapeutica che il paziente potrebbe occupare in modo improprio utilizzando cure alternative inef caci e dannose. Per quanto riguarda invece la combinazione radioterapia-ipertermia, ad una corretta integrazione con integratori alimentari biodinamici, sempre consigliabile, si può affiancare l’uso di creme o sostanze topiche biodinamiche, da applicare sull’area cutanea dove il trattamento radiante viene erogato, allo scopo di regolare l’omeostasi e gli scambi che avvengono a livello di cute e sottocute e proteggere, per quanto possibile, gli strati cellulari più sensibili ai danni delle radiazioni ionizzanti.

CONCLUSIONI

Da quanto esposto l’ipertermia può essere considerata ef cace in svariate patologie oncologiche, tenendo presente che in ogni singolo paziente la decisione di raccomandare o meno una procedura terapeutica dipende da diversi fattori. L’evidenza scienti ca è l’ elemento forse più importante da valutare, ma non l’unico, soprattutto quando la disponibilità di studi randomizzati e controllati è limitata per la rarità della condizione morbosa o comunque per la scarsa fattibilità di tali studi. Nella decisione terapeutica vanno pertanto considerati altri fattori quali il peso assistenziale in termini anche di costi, l’accettabilità e praticabilità dell’intervento, le preferenze del paziente ed il contesto sociale e culturale; tutti elementi di diversa rilevanza ed interazione che vengono ad integrarsi nel giudizio complessivo del singolo medico o del gruppo multidisciplinare. In tale giudizio la “rilevanza clinica” dovrebbe essere basata su risultati che riguardino prevalentemente il bene cio sul paziente (endpoints non surrogati) piuttosto che parametri, sia pure signi cativi sul piano scienti co, che tuttavia non hanno un impatto diretto sulla qualità di vita del malato. La possibilità di associare al trattamento con Ipertermia, combinata con Radio/Chemioterapia, una Terapia Complementare Enzimatica con preparati biodinamici in grado di migliorare il terreno metabolico dei pazienti oncologici, apre nuovi scenari di rilevante interesse pratico.

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