La presente relazione tecnica è stata disposta, allo scopo di fornire un supporto tecnico-scientifico e normativo, alla valutazione di eventuali danni causati agli occhi, provenienti dai processi che utilizzano Raggi Laser Infrarossi in indagini in campo medico, con particolare riferimento alla Tomografia Ottica Computerizzata (OCT).

Non c’è rosa senza spine, anche gli strumenti possono avere delle spine,
specie i patogeni possono trovare il loro habitat sugli strumenti diagnostici.

Consigli: prima della visita assicurarsi che gli strumenti siano ben disinfettati
così da evitare sorprese avverse

Peschiera Borromeo, 20 MAGGIO 2014

1-PREMESSA
La presente relazione tecnica è stata disposta, allo scopo di fornire un supporto tecnico-scientifico e normativo, alla valutazione di eventuali danni causati agli occhi, provenienti dai processi che utilizzano Raggi Laser Infrarossi in indagini in campo medico, con particolare riferimento alla Tomografia Ottica Computerizzata (OCT)

L’interazione dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici con la materia e in particolare con i tessuti biologici, è un tema complesso e interdisciplinare.
In ambito elettromagnetico, i tessuti biologici, alla stregua di altri materiali sono caratterizzati dalle grandezze macroscopiche quali la conducibilità elettrica (σ), la permettività dielettrica (ε) e la permeabilità magnetica (μ) che dipendono dalla frequenza.

2- LE RADIAZIONI OTTICHE ARTIFICIALI (ROA).
Per radiazioni ottiche si intendono tutte le radiazioni elettromagnetiche nella gamma di lunghezza d’onda compresa tra 100 nm e 1 mm. Lo spettro delle radiazioni ottiche si suddivide in radiazioni ultraviolette, radiazioni visibili e radiazioni infrarosse. Queste, ai fini protezionistici, sono a loro volta suddivise in:
Radiazioni ultraviolette: radiazioni ottiche di lunghezza d’onda compresa tra 100 e 400 nm. La banda degli ultravioletti è suddivisa in UVA (315-400 nm), UVB (280-315 nm) e UVC (100-280 nm);
Radiazioni visibili: radiazioni ottiche di lunghezza d’onda compresa tra 380 e 780 nm;
Radiazioni infrarosse: radiazioni ottiche di lunghezza d’onda compresa tra 780 nm e 1 mm. La regione degli infrarossi è suddivisa in IRA (780-1400 nm), IRB (1400-3000 nm) e IRC (3000 nm-1 – 1 mm).

Le sorgenti di radiazioni ottiche possono inoltre essere classificate in coerenti e non coerenti.

Le prime emettono radiazioni in fase fra di loro (i minimi e i massimi delle radiazioni coincidono), e sono generate da laser, mentre le seconde emettono radiazioni sfasate e sono generate da tutte le altre sorgenti non laser e dal Sole.
Alle radiazioni ottiche si associa quella porzione dello spettro elettromagnetico che va dall’ultravioletto (UV) all’infrarosso (IR), passando per il visibile (VIS).

 

Le radiazioni ottiche possono essere prodotte sia da fonti naturali che artificiali. La sorgente naturale per eccellenza è il sole che, come è noto, emette in tutto lo spettro elettromagnetico. Le sorgenti artificiali, invece, possono essere di diversi tipi, a seconda del principale spettro di emissione e a seconda del tipo di fascio emesso (coerente o incoerente).

Per quanto riguarda lo spettro di emissione, oltre all’ampia gamma di lampade per l’illuminazione che emettono principalmente nel visibile, esistono lampade ad UVC per la sterilizzazione, ad UVB-UVA per l’abbronzatura o la fototerapia, ad UVA per la polimerizzazione o ad IRA-IRB per il riscaldamento. Tutte le precedenti lampade emettono luce di tipo incoerente, mentre, nel caso dei laser, si è in presenza di sorgenti monocromatiche (una sola lunghezza d’onda), con fascio di elevata densità di energia, altamente direzionali e, appunto, coerenti (la fase di ciascun fotone viene mantenuta nel tempo e nello spazio). La possibilità di focalizzare un fascio di questo tipo anche a grandi distanze impone una certa cautela nell’utilizzo dei laser e, in molti casi, l’obbligo di adeguate misure di protezione per coloro che ne possono venire a contatto. Da qui la necessità di suddividere i laser in 4 classi, che vanno dalla classe 1, in cui non è pericolosa l’osservazione prolungata e diretta del fascio, alla classe 4, in cui è pericolosa anche l’osservazione della luce diffusa da uno schermo.

3- CHE COS’È LA TOMOGRAFIA OTTICA COMPUTERIZZATA (OCT)
La Tomografia ottica computerizzata (OCT), o Tomografia ottica a radiazione coerente, è un esame diagnostico che permette di ottenere delle scansioni della cornea e della retina per la diagnosi ed il follow-up di numerose patologie corneali e retiniche e nella diagnosi preoperatoria e nel follow-up postoperatorio della gran parte delle patologie oculari che necessitano di un intervento chirurgico.

3.1- Radiazioni Utilizzate in OCT
Le onde luminose utilizzate nella Tomografia Ottica Computerizzata (OCT) sono molto “piccole” (la lunghezza d’onda è variabile da 820 a 870 nanometri) per consentire di ottenere immagini molto più dettagliate.
Per una migliore precisazione (Capitolo 5), sull’ uso dello strumento.

4- CLASSIFICAZIONE DELLE SORGENTI LASER
> Classe 1.
Laser che sono sicuri nelle condizioni di funzionamento ragionevolmente prevedibili, compreso l’impiego di strumenti ottici per la visione diretta del fascio.
> Classe 1M. Laser che emettono radiazione nell’intervallo di lunghezze d’onda tra 302,5 e 4000 nm, che sono sicuri nelle condizioni di funzionamento ragionevolmente prevedibili, ma che possono essere pericolosi se l’utilizzatore impiega strumenti ottici all’interno del fascio.
> Classe 2. Laser che emettono radiazione visibile nell’intervallo di lunghezze d’onda tra 400 e 700 nm, per i quali la protezione dell’occhio e normalmente assicurata dalle reazioni di difesa, compreso il riflesso palpebrale. Questa reazione può essere prevista per fornire una protezione adeguata nelle condizioni di funzionamento ragionevolmente prevedibili, compreso l’impiego di strumenti ottici per la visione diretta del fascio.
> Classe 2M. Laser che emettono radiazione visibile nell’intervallo di lunghezze d’onda tra 400 e 700 nm, per i quali la protezione dell’occhio e normalmente assicurata dalle reazioni di difesa, compreso il riflesso palpebrale. Tuttavia, l’osservazione può risultare pericolosa se all’interno del fascio l’utilizzatore impiega strumenti ottici.
> Classe 3R. Laser che emettono nell’intervallo di lunghezze d’onda compreso tra 302,5 e 106 nm, per i quali la visione diretta del fascio e potenzialmente pericolosa, ma il rischio e inferiore rispetto a quello dei laser di classe 3B.
> Classe 3B. Laser che sono normalmente pericolosi in caso di visione diretta del fascio. Le riflessioni diffuse sono normalmente sicure.
> Classe 4. Laser che sono in grado di provocare riflessioni diffuse pericolose. Possono causare lesioni alla cute e potrebbero anche costituire pericolo d’incendio. Il loro utilizzo richiede estrema cautela.

5- DANNI AGLI OCCHI PROVOCATI DALLA RADIAZIONE LASER
Meccanismo di danneggiamento dell’occhio

Il laser può causare un danno nei tessuti biologici. I processi che portano al danneggiamento dei tessuti sono principalmente di tre tipi:

• il danno fototermico: si verifica quando i tessuti vengono riscaldati fino al punto in cui si verifica l’alterazione delle proteine. Questo effetto dipende fortemente dalla potenza della radiazione incidente;

danno fotochimico: dove la luce innesca reazioni chimiche nei tessuti. Questo tipo di danno si verifica per la maggior parte con lunghezze d’onda corte, come il blu e l’ultravioletto. In questo caso a provocare il danno sono impulsi temporalmente lunghi che non provocano un aumento di temperatura. L’effetto dipende dall’energia totale piuttosto che dalla potenza (come l’effetto fototermico);

Effetto Fotoacustico (o da onda d’urto): È provocato da impulsi laser brevi e di alta energia come ad esempio la radiazione emessa da un laser Q-switch. Una dose significativa di energia è assorbita in tempi brevi rispetto alla diffusione termica. Ablazione e rapida espansione del materiale (ossia esplosione e onda d’urto) provocano un danno esteso alla retina. Gli effetti sono proporzionali all’energia dell’impulso.

Come già detto l’effetto di focalizzazione dell’occhio amplifica notevolmente il danno provocato dalla luce laser sulla retina. Un fascio laser viene focalizzato sulla retina con una energia fino a 2 × 105 volte superiore rispetto al punto sulla cornea in cui il raggio laser colpisce l’occhio. La maggior parte della luce visibile viene assorbita dai pigmenti di melanina a livello dell’epitelio pigmentato, proprio dietro i fotorecettori, e provoca ustioni della retina. Ad esempio: la visione diretta di un fascio laser He-Ne (0.6328 nm) da 2 mW con uno spot di 16 µm fa sì che l’intensità sulla cornea sia di 5 mW/cm2. Ma allora l’intensità sulla retina sarà di 1000 W/cm2!
Oltre alla potenza, come abbiamo detto anche la lunghezza d’onda ha un ruolo importante. Questo è dovuto al fatto che luce a diverse λ ha energia diversa (crescente dal rosso al blu) e che le diverse parti dell’occhio assorbono in maniera differente le diverse lunghezze d’onda.
La radiazione nel visibile e nel vicino infrarosso (400-1400 nm) penetra il bulbo oculare, giunge alla retina e può causare il riscaldamento della retina. L’esposizione a radiazioni laser con lunghezza d’onda inferiore a 400 nm e superiore a 1400 nm è in gran parte assorbita dalla cornea, e può portare allo sviluppo di cataratta o ustioni.
La cornea è una membrana trasparente convessa anteriormente che costituisce la porzione anteriore della tonaca fibrosa del bulbo oculare[1] e rappresenta la lente più potente dell’apparato visivo.

Endotelio corneale
L’endotelio corneale è il quinto e più profondo strato della cornea. innervata dagli assoni munito delle centrali energetici mitocondriali, risultano cellule ad alta attività metabolica. Il suo compito è essenzialmente quello di potenziare i fotoni indirizzati verso la retina e fungere da filtro posteriore per gli strati superiori della cornea, come si evince la struttura corneale è in grado di incrementare la potenza energetica di 100 000 (centomila) volte maggiore dell’energia in arrivo sulla retina.

6- PRINCIPALI EFFETTI DANNOSI DELLA RADIAZIONE OTTICA SULL’OCCHIO

EFFETTI SULLA SALUTE
I principali rischi per l’uomo derivanti da un’eccessiva esposizione a radiazioni ottiche riguardano essenzialmente due organi bersaglio, l’occhio in tutte le sue parti (cornea, cristallino e retina) e la cute. Come per le radiazioni ionizzanti, i danni procurati a tali organi possono avere un ben preciso rapporto di causa-effetto, cioè è possibile stimare una dose soglia affinché il danno si manifesti (effetto deterministico), oppure può non esserci una correlazione tra causa ed effetto ed allora si parla di effetto stocastico. Non tutte le lunghezze d’onda appartenenti alle radiazioni ottiche, inoltre, hanno gli stessi effetti su occhio e cute, come mostrato nella tabella sottostante.

Nel caso in cui la sorgente luminosa sia rappresentata da un laser, gli effetti sopra riportati risultano, nella maggior parte dei casi, amplificati e spesso irreversibili. Questo è dovuto alle caratteristiche che un fascio laser possiede. Anche per questo si parla spesso di rischi indiretti da laser, come incendi ed esplosioni. Un discorso a parte meritano le sorgenti (laser o non) di luce blu (380-550 nm) e quelle di IRA. Entrambe queste lunghezze d’onda vengono focalizzate dall’occhio e pertanto contribuiscono alla dose assorbita dalla retina. La luce blu viene spesso sottovalutata in quanto appartenente allo spettro di luce visibile e quindi erroneamente considerata “sicura”. Le sorgenti di IRA, invece, pur giungendo fino alla retina, risultano “invisibili” e quindi, in presenza di una loro forte intensità, non vengono minimamente ostacolate da quei meccanismi istintivi come il riflesso palpebrale o quello di allontanamento.

La tipologia di effetti associati all’esposizione a ROA dipende dalla lunghezza d’onda della radiazione incidente, mentre dall’intensità dipendono sia la possibilità che questi effetti si verifichino che la loro gravità.

L’interazione della radiazione ottica con l’occhio e la cute può provocare conseguenze dannose come riportato nella Tabella a seguito

Riassumendo si può dire che a seconda della lunghezza d’onda della radiazione diverse parti dell’occhio risultano essere soggette al danneggiamento, dipende da quali tessuti assorbono di più in quella determinata regione:

  • l’UV e l’IR sono assorbiti principalmente a livello della cornea
  • l’UV vicino, il visibile e il vicino IR vengono trasmessi e sono assorbiti a livello della
    retina
  • Il danneggiamento della retina dipende dall’intensità dell’immagine focalizzata sulla
    retina stessa.

Oltre ai rischi per la salute dovuti all’esposizione diretta alle radiazioni ottiche artificiali esistono ulteriori rischi indiretti da prendere in esame quali:

  • sovraesposizione a luce visibile: disturbi temporanei visivi, quali abbagliamento,
  • accecamento temporaneo;

e ulteriori rischi associati alle apparecchiature/lavorazioni che utilizzano ROA quali stress termico, contatti con superfici calde, rischi di natura elettrica, di esplosioni od incendi come nel caso di impiego di laser di elevata potenza etc.

La qualità degli effetti, la loro gravità, o la probabilità che alcuni di essi si verifichino dipendono dalla esposizione radiante, dalla lunghezza d’onda della radiazione e, per quanto riguarda alcuni effetti sulla pelle, dalla fotosensibilità individuale che è una caratteristica geneticamente determinata.

Considerati dal punto di vista del loro decorso temporale gli effetti prodotti sull’occhio e sulla pelle possono essere suddivisi in:

  • effetti a breve termine o da esposizione acuta con tempi di latenza dell’ordine di ore, giorni;
  • effetti a lungo termine o da esposizione cronica con tempi di latenza di mesi, anni.

In generale per ciascun effetto acuto è possibile stabilire “la dose soglia” al di sotto della quale l’effetto non si verifica. La maggior parte degli effetti a lungo termine (tumori: carcinoma cutaneo) hanno natura diversa dagli effetti acuti e la loro probabilità è tanto maggiore quanto più è elevata la dose accumulata dall’individuo.

6.1- Effetti sull’occhio
Ai fini della visione, l’occhio deve essere necessariamente esposto alla luce.

Quasi sempre le sorgenti di luce visibile (il sole e le lampade per illuminazione) emettono anche radiazioni non visibili quali la radiazione infrarossa e in misura minore ultravioletta, che sono inefficaci ai fini della visione ma che, viceversa, possono rappresentare un rischio potenziale per l’occhio.

Rispetto alla propagazione della radiazione attraverso le strutture oculari l’occhio può essere schematizzato come un sistema di filtri sovrapposti ciascuno con una particolare trasmissione spettrale (banda passante) e perciò in grado di assorbire e “filtrare” specifiche lunghezze d’onda.

Nel caso di esposizione oculare a luce visibile o Infrarosso A (I.R. – A) , la cataratta è associata all’assorbimento della radiazione nell’iride: l’energia termica viene quindi trasferita per conduzione diretta al tessuto epiteliare del cristallino.

Nel caso di esposizione oculare a radiazione Infrafrossa, con componenti spettrali dominanti nelle regioni IR-B, IR-C, la radiazione è invece assorbita dalla cornea: l’energia termica si propaga quindi al cristallino mediante conduzione termica attraverso i tessuti oculari adiacenti (cornea-umor acqueo). Radiazione visibile e la radiazione I.R. sono ambedue in grado di indurre cataratta, producendo entrambe, sia pure con meccanismi diversi, un riscaldamento del cristallino.

Nel caso della cataratta dei vetrai questa dovrebbe essere associata essenzialmente all’esposizione ad IR-B o IR-C.

Sulla base della localizzazione dell’opacità si distinguono tre forme principali di cataratta:

  1. la cataratta nucleare caratterizzata da un progressivo ingiallimento delle proteine nucleari e dalla formazione di aggregati macromolecolari che aumentano la diffusione della luce;
  2. la cataratta subcapsulare posteriore nella quale l’opacità è provocata da un’aggregazione di cellule degenerate ed anormali sulla superficie posteriore del cristallino;
  3. la cataratta da piccoli vacuoli che si riempiono d’acqua e frammenti corticali. corticale caratterizzata

7- Influenza delle radiazioni elettromagnetiche sui mitocondri
I mitocondri sono vere e proprie centrali elettriche delle cellule, Particella organizzata del citoplasma cellulare, detta anche condriosoma, deputata alla produzione di energia grazie al trasferimento di elettroni lungo la catena respiratoria.

SCHEMA RIASSUNTIVO DELLA CATENA ALL'INTERNO DEL MITOCONDRIO

La catena di trasporto degli elettroni è un processo cellulare di riduzione dell’ O2 ad opera di NADH e FADH2 tramite trasferimento di elettroni nei mitocondri. È la parte iniziale della fosforilazione ossidativa, ed è seguita dalla sintesi di ATP da fosforilazione di ADP. Nei meccanismi d’interazione sono rilevanti i fenomeni di cessione dell’energia del campo elettromagnetico al tessuto. In pratica l’energia del campo è ceduta alle cariche elettriche (elettroni, ioni, molecole dipolari e multipolari) che sono poste in movimento. Durante il moto le cariche collidono con le altre molecole del tessuto trasformando così la loro energia meccanica in calore.
Inoltre, le cariche elettriche a seconda della loro massa reagiscono più o meno rapidamente alle variazioni del campo e questo da luogo a diversi interessanti fenomeni dipendenti dalla frequenza.

La radiazione infrarossa (IR) ha frequenze comprese tra circa 3*1011 Hz e 3,8*1014 Hz con lunghezza d’onda compresa tra 106 nm e 0,78* 103 nm. L’infrarosso viene rivelato soltanto dal calore che genera, ed è generalmente suddiviso in lontano infrarosso, medio infrarosso e vicino infrarosso. La radiazione infrarossa viene spontaneamente emessa dai corpi caldi, in cui gli atomi vengono eccitati tramite gli urti causati dall’agitazione termica. Se assorbiti da una molecola i quanti hanno un’energia sufficiente a provocare un moto vibrazionale, che si traduce in un aumento di temperatura. L’emissione infrarossa è utilizzata in medicina per terapie fisiche e, nella ricerca, per lo studio dei livelli energetici vibrazionali. Molti animali, come i serpenti, sono sensibili all’infrarosso. Il vetro è opaco all’infrarosso, il che spiega il cosiddetto effetto serra. Infatti, la luce che attraversa il vetro di una serra viene assorbita dalle piante e riemessa sottoforma di infrarosso, il quale rimane intrappolato provocando l’aumento di temperatura all’interno della serra.

8- CONCLUSIONI
8.1 – Confronto tra radiazioni utilizzate in OCT e radiazioni Laser Infrarossi
Sulla scorta di quanto esposto nella relazione il rischio da radiazione ottica riguarda esclusivamente i due distretti corporei direttamente raggiungibili dalla radiazione ottica, ossia l’apparato oculare e la cute.

Il tipo e l’entità dell’eventuale effetto dipende, oltre che dal tessuto considerato, dalla lunghezza d’onda del laser, dalla potenza, dalla modalità di emissione in continuo o a impulsi, dal tempo di esposizione.
A livello dell’occhio i fenomeni di focalizzazione del fascio radiante possono comportare lesioni della retina, anche gravi e irreversibili (laser visibili e a infrarossi).
Altri effetti possono essere dati da ustioni (laser a infrarossi), cheratiti e cataratta (laser UV).
Per quanto riguarda la cute i rischi sono riconducibili soprattutto a ustioni (laser a infrarossi) e cancerogenesi (laser UV).

Le onde luminose utilizzate nella Tomografia Ottica Computerizzata (OCT) sono molto “piccole”, infatti, la lunghezza d’onda è variabile da 820 a 870 nanometri, e quindi in questo campo di lunghezze d’onda si rientra nella Classe 1 M
(Laser che emettono radiazione nell’intervallo di lunghezze d’onda tra 302,5 e 4000 nm, che sono sicuri nelle condizioni di funzionamento ragionevolmente prevedibili,
ma che possono essere pericolosi se l’utilizzatore impiega strumenti ottici all’interno del fascio).
Pertanto, come abbiamo visto in precedenza i raggi infrarossi compresi tra 780–1400 nm (near-IR) possono provocare Cataratta, bruciamento della retina

8.2 – Considerazioni sulla valutazione del rischio.
Gli effetti della radiazione laser sui tessuti dipendono principalmente dalla lunghezza d’onda, dalla potenza o energia assorbita per unità di superficie e dalla durata dell’esposizione. Gli organi maggiormente esposti a rischio sono gli occhi e la pelle. Il rischio di danno oculare è particolarmente elevato nel caso di radiazioni visibili (con lunghezza d’onda compresa fra 400 e 700 nm) o nel vicino infrarosso, perché l’occhio è in grado di focalizzarle sulla retina. Le densità di potenza o di energia sulla retina sono tipicamente centomila volte più elevate di quelle in arrivo sull’occhio a livello della cornea.

La penetrazione della radiazione nei tessuti dipende dalla lunghezza d’onda; nella pelle è massima per radiazioni attorno al micron. Il meccanismo di danneggiamento dei tessuti varia con la lunghezza d’onda; le radiazioni ultraviolette hanno un’azione prevalente di tipo fotochimico che porta alla distruzione delle cellule epiteliali causando, nell’occhio, congiuntiviti o, nel caso di penetrazione più profonda, cataratte e, nella pelle, dermatiti con possibili effetti mutageni ad alte dosi.
L’entità del danno ai tessuti è determinata, in questo caso, dalla durata della esposizione e dalla potenza assorbita e cioè dalla dose complessiva (energia assorbita per unità di superficie).
Le radiazioni nel visibile e nell’infrarosso hanno, per esposizioni fra 0,1 ms ed 1 s un’azione prevalentemente termica; il danno deriva dal riscaldamento indotto nel tessuto e dal tempo di persistenza della condizione che porta alla denaturazione delle proteine. L’entità del danno è quindi determinata dalla potenza della radiazione in arrivo, dalla sua durata e dalla capacità dei tessuti di disperdere il calore per conduzione determinata per tempi brevi dalla diffusività termica e, su tempi più lunghi, anche dalla convezione del calore da parte dei fluidi che irrorano i tessuti stessi, le proteine enzimatiche distribuiti nell’ apparato visivo sono molto sensibili alle radiazioni. calore, radicali liberi ecc.

La rodopsina è una proteina di membrana con 7 domini transmembrana a α-elica, si trova principalmente nelle cellule a bastoncello della retina umana che permettono la vista in bianco e nero. Queste cellule hanno una forma allungata e nella loro parte apicale hanno numerosi dischi di membrana con molte rodopsine, costituite da un pigmento, l’11-cisretinale, sensibile alla luce, legato all’opsina, una proteina della retina.

Nei Bastoncelli abbiamo inoltre numerosi canali per il Na+ aperti in condizione di buio perché nella cellula ci sono alte concentrazioni di cGMP che tiene aperti i canali.

Quando la luce interagisce con l’11-cis-retinale, catalizza la sua conversione a tutto-trans- retinale, che determina un cambiamento conformazionale nella “opsina” (parte proteica della rodopsina) trasformandola in opsina attiva. Questa proteina attivata, attiva una seconda proteina, una proteina Gt, la trasducina, che a sua volta attiva una GMP ciclico Fosfodiesterasi, che scinde il cGMP in GMP e determina un abbassamento della concentrazione del cGMP: i canali per il Na+ lungo la membrana della cellula a bastoncello si chiudono, si determina una variazione del potenziale di membrana (iperpolarizzazione).

La membrana, essendo polarizzata, fa in modo che la cellula rilasci una minor quantità di neurotrasmettitore, che per i coni e i bastoncelli è il glutammato (un neurotrasmettitore eccitatorio): le cellule recettoriali della retina hanno dunque un picco nel rilascio di neurotrasmettitore nelle fasi di buio.

Per tanto l’operatore deve sapere che l’esposizione a ROA sono cumulativi, ad esempio, i valori di esposizione massima permessa (EMP) previsti dalle norme per esposizione oculare diretta per i laser a Nd-YAG per emissione a 1,06 m sono di 5 J/cm2 per impulsi con durata inferiore a 20 s e salgono fino a 2 mJ/cm2 per impulsi della durata di un secondo, perché nel secondo caso l’energia assorbita si diffonde nei tessuti adiacenti e l’innalzamento locale di temperatura è dello stesso ordine anche se l’energia assorbita è molto maggiore.

Questo andamento è stato verificato con una serie di misure della soglia di danneggiamento in funzionamento della durata dell’esposizione.
L’esposizione a ROA può essere determinante per indurre reazioni di fotosensibilità. La valutazione del rischio deve tenere conto dei soggetti “particolarmente sensibili”.

Scroll to Top
Torna su