I virus sono pacchetti di acidi nucleici infettivi circondati da un rivestimento protettivo, sono i più efficienti parassiti intracellulari capaci di autoriprodursi.
Al contrario delle cellule non sono in grado di generare energia metabolica ne di sintetizzare proteine; una particella virale o virione, è costituita da una o più molecole di DNA o di RNA avvolte da un rivestimento proteico e a volte anche da altri rivestimenti supplementari di struttura assai complessa e formati da carboidrati, lipidi e proteine.
Nei virus sono distinguibili due fasi diverse: la fase extracellulare e quella intracellulare; i virioni, che rappresentano la fase extracellulare, possiedono solo pochi enzimi o possono esserne del tutto sprovvisti e non possono riprodursi indipendentemente da cellule viventi.
Durante la fase intracellulare i virus esistono essenzialmente sotto forma di acidi nucleici in replicazione, i quali inducono il metabolismo dell’ospite a sintetizzare i componenti del virione; le eventuali particelle virali mature, o virioni completi, sono poi liberati all’esterno.
Struttura dei virus
Tutti i virioni sono costruiti intorno a un nucleo-capside formato da acido nucleico, DNA o RNA, situato all’interno di un rivestimento proteico detto capside che protegge il materiale genetico virale e ne facilita il trasferimento da una cellula all’altra.
In base alla struttura del virione e alle caratteristiche morfologiche del capside è possibile individuare quattro gruppi principali: virioni con capside icosaedrico; elicoidale; dotati di envelope; virioni complessi; questi ultimi hanno una simmetria capsidica che non è del tutto icosaedrica ne elicoidale, presentano struttura con una coda come molti batteriofagi, oppure una membrana che circonda l’acido nucleico.
Virioni con capside icosaedrico.
L’osservazione al microscopio elettronico dei virus icosaedrici con colorazione negativa evidenzia una struttura capsidica complessa; i capsidi sono costituiti da unità a forma di anello o di pomello detti capsomeri, ciascuno dei quali è a sua volta formato da 5 o 6 protomeri. Vedi figure sotto riportate.

(prima figura di sinistra): Modello di parvovirus canino, a 12 capsomeri, dove la diversa colorazione evidenzia le quattro diverse porzioni di ciascun polipeptide capsidico.
(seconda e terza figura da sinistra): modello di polivurus a 32 capsomeri, dove le quattro proteine capsidiche sono distinguibili grazie al diverso colore ; nella figura di centro è raffigurata la superficie del capside. Mentre nella figura di destra si osserva una sezione trasversale.

(figura di sinistra): SV40, a 72 capsomeri;
(figura di centro): immagine simulata al computer di un polyomavirus, a 72 capsomeri responsabile di una rara malattia che causa la demielizzazione del sistema nervoso centrale;
(nella figura di destra): adenovirus, a 252 capsomeri.


I pentameri (pentoni) possiedono 5 subunità mentre gli esameri (esoni) ne possiedono 6; i pentameri sono situati al vertice dell’icosaedro, mentre gli esameri ne formano i lati e le facce triangolari.a
(figura di sinistra): modello simulato al computer di un adenovirus.
L’icosaedro, mostrato nella figura a destra riportata, è formato da 42 capsomeri.
Recentemente è stato dimostrata l’esistenza le varie modalità di costruzione di un capside icosaedrico; la maggior parte dei capsidi icosaedrici sembrano contenere sia pentameri sia esameri, ma esistono virus formati esclusivamente da pentameri, come ad esempio il virus SV40, un piccolo virus delle scimmie a doppio filamento di DNA appartenente ai plyomavirus; vedi figure sotto riportate.

(figura di sinistra): capside di SV40; i 12 pentameri al vertice dell’icosaedro sono in bianco, mentre i pentameri non al vertice sono, con le loro rispettive catene polipeptidiche, in colori diversi.
(figura di destra): un pentamero con i bracci protesi verso l’esterno.
Il virus SV40 è formato da 72 pentameri cilindrici cavi, cinque braccia flessibili si staccano dalle estremità laterali di ciascun pentamero (figura di destra sopra riportata); ogni vertice dell’icosaedro è occupato da 12 pentameri e ognuno di essi è legato a cinque pentameri adiacenti.
Ciascuno dei rimanenti 60 pentameri non disposti al vertice si associa a sei pentameri adiacenti attraverso le proprie braccia flessibili come mostrato nelle figure sotto riportate.

(figura di sinistra): visione ravvicinata della superficie virale con il pentamero centrale associato ai sei pentameri adiacenti.
(figura di destra): rappresentazione schematica della struttura superficiale di sinistra; ogni pentamero è rappresentato da un fiore a cinque petali e ogni braccio da una linea oppure da una linea con un cilindro (-elica) nello stesso colore del proprio pentamero.
I protomeri esterni sono numerati in senso orario a partire da quello posto al vertice.
Capsidi a simmetria elicoidale.
I capsidi a simmetria elicoidale assomigliano a dei cilindri cavi con pareti proteiche; ne costituisce un esempio il virus del mosaico del tabacco; i protomeri, costituiti da un’unica proteina, si associano fra loro con andamento elicoidale o a spirale, formando un tubo lungo e rigido di 15-18 nm di diametro per 300 nm di lunghezza.
L’RNA che costituisce il materiale genetico virale si trova all’interno del capside, ripiegato a spirale e associato con alcune subunità proteiche; il diametro del capside è determinato dalle dimensioni, dalla forma e anche dalle interazioni dei protomeri, mentre l’acido nucleico sembra determinare la lunghezza del capside a simmetria elicoidale, dal momento che questo non supera di molto la lunghezza del DNA o di RNA che si trova all’interno.
Envelope ed enzimi virali.
Molti virus animali, alcuni vegetali e almeno un virus batterico possiedono un rivestimento esterno membranoso detto envelope ; l’envelope dei virus animali ha generalmente origine dalla membrana nucleare o plasmatica della cellula ospite.
I lipidi e i carboidrati presenti nell’involucro sono normali costituenti cellulari, mentre le proteine sono codificate da geni virali e possono sporgere dalla superficie dell’envelope come spicole o peplomeri e sembrano partecipare al processo di attacco del virus sulla superficie della cellula ospite.
Dal momento che l’envelope è una struttura membranosa e flessibile, la forma di questi virus dotati di envelope mostra spesso un certo grado di variabilità ed esso sono detti pleomorfi.
Alcune specole hanno attività neuroamminidasica che probabilmente media il passaggio del virus attraverso gli strati mucosi dell’epitelio respiratorio per raggiungere la cellula ospite; mentre altre specole sono portatrici di una proteina diversa, chiamata emoagglutinina perché capace di legare il virione ai globuli rossi e dare così emoagglutinazione e che probabilmente partecipa al processo di attacco del virus alla cellula ospite.
Le ricerche virologiche hanno dimostrato l’esistenza, specialmente nei virus animali dotati di envelope, di alcuni enzimi associati al capside, che in genere, sono implicati nella replicazione degli acidi nucleici, ne consegue che malgrado l’assenza di un metabolismo vero e proprio e l’incapacità di riprodursi in modo indipendente, i virus possono portare con sé uno o più enzimi essenziali al completamento del loro ciclo vitale.
Come si evince gli enzimi offrono al virus una delle possibilità di adattamento nella cellula ospite, elaborando amminoacidi, carboidrati ecc. replicando continui acidi nucleici virali. Il farmaco in grado di bloccare l’azione degli enzimi virali, senza danneggiare gli enzimi delle cellule sane, deve ancora essere scoperto.
I prodotti della Citozeatec essendo prodotti in impianto industriale da enzimi specifici, si orientano fortificando solo gli enzimi della propria specie, disattivando gli enzimi estranei.

(figura in alto a sinistra): virus dell’influenza umana, si notano le spicole che si staccano dalla superficie;
(figura in alto a destra): schema del virione dell’influenza.

(figura in alto a sinistra): particelle di Rhabdovirusdella stomatite vescicolare, un virus correlato al virus della rabbia cui somiglia nell’aspetto.
(figura di centro in alto): virus dell’immunodeficienza umana (HIV).
(figura di destra in alto): Herpesvirus.

Virus con capsidi a simmetria complessa.
La maggior parte dei virus hanno capsidi icosaedrici o elicoidali, ma ne esistono altri il cui capside non è assimilabile ne all’una ne all’altra categoria come ad esempio i poxivirus e i grandi batteriofagi.
Essi possiedono una struttura interna eccezionalmente complessa e una struttura esterna di forma ovoidale o a mattone; il doppio filamento di DNA (dsDNA) è associato a proteine e racchiuso in un nucleoide, con struttura centrale a forma di disco biconcavo circondata da membrana;
due corpi ellittici o laterali si trovano interposti tra il nucleoide e l’involucro esterno formato da una membrana, ai quali si aggiunge uno spesso strato ricoperto da un insieme di tuboli e fibre.
Acidi nucleici.
I virus sono, per quanto riguarda le caratteristiche del materiale genetico, entità estremamente flessibili, infatti in essi sono presenti tutte e quattro le possibili combinazioni di acido nucleico: DNA o RNA, entrambi, a singolo o doppio filamento.
Nei virus animali sono state osservate tutte le diverse tipologie , mentre di norma i virus vegetali sono principalmente a singolo filamento di RNA; nella tabella sotto riportata s è elencata la varietà di acidi nucleici dei virus.

Nella maggior parte dei virus a DNA il genoma è costituito da un singolo filamento (dsDNA); questo può essere lineare, magari modificato in vari modi oppure circolare; per quanto riguarda la maggior parte dei virus a RNA il materiale genetico è rappresentato da un singolo filamento di RNA (ssRNA), la cui sequenza può essere identica all’mRNA virale e in tal caso il filamento è detto filamento + o filamento positivo; se invece il filamento genomico è complementare all’mRNA, esso viene detto filamento – o filamento negativa.
Molti di questi genomi a RNA sono segmentati, suddivisi cioè in più parti, ciascuna delle quali si ritiene codifichi per una proteina diversa; probabilmente tutti i segmenti sono di solito, inclusi nello stesso capside, anche se in alcuni virus il numero dei segmenti può arrivare a 10 e anche a 12.
I virus eucariotici.
CONCETTI GENERALI.
Molti virus possono infettare ospiti diversi tra loro e quindi questa caratteristica manca della specificità necessaria per identificare con precisione virus diversi.
Per molti aspetti la riproduzione dei virus animali è assai simile a quella dei fagi; può essere suddivisa in varie tappe: assorbimento, penetrazione e spogliazione, replicazione degli acidi nucleici, sintesi e assemblaggio del caspide e liberazione delle particelle virali mature.
Assorbimento dei virioni.
La capacità di un virus di infettare una cellula è in gran parte dipendente dalla possibilità di legarsi alla cellula ospite e quindi la distribuzione dei recettori proteici ha una importanza critica nella specificità esibita dai virus animali sia per il tessuto sia per l’ospite stesso.
Le proteine della cellula ospite che servono da recettori per l’attacco dei virus non hanno caratteristiche ben definite, ma sono comunque proteine superficiali necessarie alla cellula ospite; a volte penetrano per endocitosi; essi ingannano la cellula attaccandosi a molecole di superficie che vengono normalmente captate per endocitosi, trasportando con sé anche il virus che penetra così in modo passivo.
Generalmente queste proteine superficiali della cellula ospite sono recettori per ormoni e per altre importanti molecole essenziali per la funzione del ruolo della cellula nell’intero organismo. Vedi tabella sotto riportata.

Il sito di legame sulla superficie del virus può essere rappresentato semplicemente da una proteina strutturale del capside o da un insieme di queste proteine; in alcuni virus, per esempio, i poliovirus e i rhinovirus, il sito di legame giace sul fondo di una depressione o avvallamento della superficie.
Il sito può così legarsi alle porzioni più sporgenti della cellula ospite, ma non può essere raggiunto dagli anticorpi dell’ospite; in altri casi il virus aderisce alla cellula ospite mediante particolari strutture che si proiettano verso l’esterno, come ad esempio le fibre che si estendono dagli spigoli degli icosaedri degli adenovirus o le spicole dei virus dotati di envelope.
Nella tabella sotto riportata è illustrata la grafica delle strutture delle maggiori famiglie di virus animali.

Penetrazione e spogliazione.
Il meccanismo di penetrazione e spogliazione resta ancora da spiegare con precisione; probabilmente esistono tre modi diversi per entrare all’interno della cellula ospite.
Dopo l’adsorbimento sulla membrana plasmatica possono verificarsi, in alcuni virus privi di envelope come il poliovirus, alcuni importanti mutamenti della struttura del capside che porta alla liberazione nel citoplasma del solo acido nucleico; mentre l’envelope del paramixovirus e probabilmente anche di altri virus dotati di envelope, sembra fondersi direttamente con la membrana plasmatica della cellula ospite depositando il nucleocapside sulla matrice citoplasmatica.
Una polimerasi virale associata al nucleocapside inizia quindi a trascrive l’RNA virale quando ancora è all’interno del capside; tuttavia la maggior parte dei virus con envelope può penetrare nella cellula con un terzo meccanismo: internalizzazione per inghiottitura, ovvero endocitosi mediata dall’attacco del recettore specifico che porta alla formazione di vescicole rivestite.
Queste originano quando i virioni aderiscono a cavità rivestite, porzioni specializzate della membrana plasmatica ricoperte sul lato citoplasmatico da una proteina detta clatrina; le cavità si introflettano formando delle vescicole contenenti le particelle virali.
Una volta raggiunto il citoplasma, l’acido nucleico virale può essere rilasciato dal capside oppure iniziare a svolgere la propria attività quando ancora è attaccato alle strutture capsidiche.
Vedi figura sotto riportata.

La maggior parte dei virus con envelope può penetrare nella cellula per endocitosi mediata dall’attacco al recettore specifico che porta alla formazione di vescicole rivestite, che si fondono con lisosomi appena viene rimossa la clatrina che le riveste.
Una volta raggiunto il citoplasma , l’acido nucleico virale può essere rilasciato dal capside oppure iniziare a volgere la propria attività quando è ancora attaccato alle strutture capsidiche.
Replicazione e trascrizione dei virus a DNA.
La prima parte della fase di sintesi, diretta dai geni precoci, serve a ottenere il controllo della cellula ospite e contemporaneamente a sintetizzare il DNA e l’RNA virale; alcuni virus animali inibiscono la sintesi di DNA, RNA e proteine della cellula ospite, ma generalmente non degradano il DNA cellulare già formato.
Generalmente la replicazione del DNA avviene nel nucleo della cellula ospite, fanno eccezione i poxvirus la cui replicazione genomica ha luogo nel citoplasma; l’RNA messaggero, almeno quello previrale, è trascritto dal DNA grazie agli enzimi cellulari, tranne l’mRNA precoce dei poxvirus, che è sintetizzato da una polimerasi virale.
Virus a DNA.
Parvovirus: il cui genoma è rappresentato da una piccola molecola di DNA a singolo filamento (ssDNA) di circa 4.800 basi, sono i più semplici tra i virus a DNA, il loro genoma è così piccolo che può sintetizzare solo tre polipeptidi, tutti componenti strutturali del capside; tuttavia anche cos’ il virus è costretto a ricorrere all’uso di geni sovrapposti per contenere tre geni in una molecola cos’ piccola. Vedi figura.


In pratica, la sequenza delle basi che codificano per le tre catene polipeptidiche si sovrappongono con moduli diversi di lettura.
Il genoma bob codifica per alcun enzima e quindi il virus deve utilizzare gli enzimi della cellula ospite per i propri processi biosintetici e può replicare il proprio DNA nel nucleo solo durante la fase S del ciclo cellulare, quando la cellula replica il proprio DNA.
Herpesvirus: sono un gruppo di virus a DNA a doppio filamento (dsDNA), icosaedri, dotati di envelope responsabili di molte malattie dell’uomo e di altri animali.
Il loro genoma è costituito da un segmento lineare di DNA di circa 160.000 paia di basi che contengono almeno 50-100 geni. Vedi figura.
Subito dopo la spoliazione, il DNA viene trascritto attraverso una RNA polimerasi cellulare per formare i messaggeri che devono dirigere la sintesi di numerose proteine precoci, principalmente proteine di regolazione ed enzimi necessari per la replicazione del DNA virale.
La replicazione del DNA, ad opera di una proteasi virus specifica, inizia nel nucleo qualche ora dopo l’infezione.
Poxvirus: come il virus vaccino, sono i più grandi virus conosciuti e hanno una morfologia complessa; il loro DNA a doppio filamento contiene oltre 200 geni.
L’internalizzazione cellulare del virus avviene per endocitosi mediata da recettori, processo che permette al virus di entrare nelle vescicole rivestite.
Il core virale che sfugge ai lisosomi e raggiunge la matrice citoplasmatica, contiene oltre al DNA genomico una RNA-polimerasi DNA-dipendente che sintetizza gli RNA messaggeri precoci, uno dei quali dirige la produzione di un enzima che completa la spoliazione del virus.
La DNA polimerasi e gli altri enzimi necessari alla replicazione del DNA sono sintetizzati nelle fasi del ciclo riproduttivo e la replicazione ha inizio circa un’ora e mezza dopo l’infezione, quando già e cominciata la trascrizione dell’mRNA tardivo.
Papovavirus: È un gruppo di virus a DNA che prendono il loro nome da tre prototipi: papilloma, polioma e vacuolizzante (SV40), essi contengono una piccola doppia elica circolare di DNA all’interno del guscio icosaedrico.
In alcune cellule (chiamate ospiti permissivi) questi virus entrano in un ciclo litico che porta alla produzione di molti nuovi virioni; le cellule infettate in modo produttivo sono uccise da questi virus, in altri tipi di cellule (chiamate ospiti non permissivi), per ragioni ancora sconosciute, alcuni passaggi dell’espressione virale sono bloccati, non si forma una propaggine virale ma una piccola proporzione delle cellule, 1 su 105, vengono trasformate in seguito all’integrazione del DNA virale nel genoma.
Nelle cellule non permissive, la regione precoce dell’SV40 viene espressa , ma non avviene la replicazione e la trascrizione del DNA della regione tardiva: una piccola frazione di queste cellule viene trasformata dall’integrazione del genoma dell’SV40 nel DNA ospite.
Resta un enigma come l’SV40 riesca a indurre allo stato canceroso le celle da lui infettate.
Replicazione e trascrizione dei virus a RNA.
Le strategie riproduttive dei virus a RNA sono molto diverse rispetto a quelle a DNA; in base alle caratteristiche di riproduzione e trascrizione il rapporto che essi instaurano con la cellula ospite, la gran parte dei virus a RNA può essere suddivisa in quattro gruppi principali i cui cicli riproduttivi caratteristici sono illustrati nella figura sotto riportata.

Si riportano le caratteristiche più salienti dei virus a RNA
Il poliovirus: è costituito da un RNA(+) a un singolo filamento in un capside icosaedrico; questa molecola di RNA del virione, come quelle di altri virus a RNA della classe 1, agisce da messaggero quando entra nel citoplasma della sua cellula ospite.
Viene tradotto dai ribosomi dell’ospite per dare le proteine del capside e una RNA polimerasi speciale che prende istruzioni da uno stampo di RNA (una RNA replicasi), l’RNA (+) del virione dirige quindi questa RNA replicasi a sintetizzare filamenti (-).
Strutturalmente simile ai poliovirus è il rinovirus umano 14 responsabile del raffreddore.
Rabdovirus: Il virus della stomatite vescicolare (VSV), un blando patogeno del bestiame e il virus della rabbia e dell’influenza sono Rabdovirus; la caratteristica di questa classe di virus e di trascrivere 5 mRNA monocistronici dal suo RNA genomico.
Questi virioni contengono una molecola di RNA (-) a singolo filamento che non serve da messaggero; quindi il primo passo nella sua espressione è la sintesi di mRNA (+).
Il virus dell’influenza, come il VSV, è un virus ricoperto da una membrana con un genoma RNA(-).
I suoi 10 geni si trovano su 8 segmenti separati di RNA a singolo filamento, che variano in dimensioni da 890 a 2341 nucleotidi, il rivestimento di membrana di questo virus di 100 nm di diametro contiene copie di tre proteine: Ha (Emoagglutinina); NA (neurominidiasi) e M (proteina di membrana).
Nella forma influenzale la molecola della emoagglutinina permette al virus di entrare nelle cellule suscettibili, come quelle che rivestono il tratto respiratorio; ha affinità per i residui di acido sialico sulla superficie di queste cellule, permettendo al virus di legarsi alla cellula e di entrare per effetto dell’endocitosi mediata dal recettore.
Anticorpi formati contro l’emoagglutinina bloccano efficacemente l’azione da parte del virus; tuttavia questa protezione non è permanente perché l’RNA che codifica la regione Ha1 del virus dell’influenza cambia molto rapidamente.
Per quanto concerne la rabbia, trasmessa dal morso di un animale rabido, il virus raggiunge il sistema nervoso centrale dalla ferita ascendendo lungo i nervi periferici; nella malattia avanzata il paziente presenta un quadro di straordinaria sensibilità del SNC, il minimo contatto è doloroso con violente risposte motorie fino a raggiungere quadri convulsivi.
Vi sono segni di irritazione faringea e, man mano che la malattia avanza insorge una paralisi flaccida; periodi alterni maniacali e stuporosi progrediscono sino al coma e la morte avviene per insufficienza dei centri respiratori.
Reovirus: Il reovirus è un virus a doppio filamento che infetta cellule di mammifero, esplica un terzo tipo di genetica virale, il nucleo del virione contiene dieci diverse molecole di RNA() a doppio filamento che sono associate a proteine.
Entrando nell’ospite il virione perde il suo guscio esterno icosaedrico composto da tre specie di proteine; la rimozione di questo guscio attiva una RNA polimerasi che è trasportata nel nucleo del virione, questa polimerasi diretta da RNA trascrive completamente le dieci molecole di RNA(), così che tutti gli RNA(+) che si formano hanno al stessa lunghezza dei segmenti del genoma.
Il virus del sarcoma di ROUS (RSV) o virus del sarcoma aviario (ASV) è uno dei membri di un gruppo di virus tumorali a RNA; questi virus della classe 4 contengono RNA(+) nei loro virioni e si propagano tramite un DNA intermedio a doppia elica, quindi sono noti come retrovirus che sono i soli virus a RNA che provocano il cancro.
Retrovirus: I retrovirus contengono un genoma (+) in un guscio ocosaedrico: questo nucleo sferico di RNA e proteine è circondato da un rivestimento che consiste di molecole glicoproteiche codificate dal virus immerse in un doppio strato lipidico derivato dalla membrana plasmatica dell’ospite.
Howard Temin nel 1964 constatò che l’ametopterina (metotrexato), la 5-florodeossiuridina e la citosina arabinoside bloccano la replicazione virale se esse sono presenti durante le prime 12 ore dopo l’introduzione del virus.
Questa scoperta portò Howard a proporre che un provirus a DNA fosse un intermedio della replicazione e nella azione oncogena dei virus tumorali a RNA.
Per raggiungere questo risultato occorreva individuare un enzima, allora sconosciuto, che sintetizzasse DNA secondo le istruzioni fornite da uno stampo RNA.
Nel 1970 Howard e Baltimore scoprirono indipendentemente un enzima del genere chiamato trascrittasi inversa

A sinistra: immagine tridimensionale della trascrittasi inversa legata a un complesso contenete acidi nucleico.
In centro: modello della proteina in giallo, complessata con l’acido nucleico(struttura del DNA in lavanda, RNA in rosa e le basi in blu).
Figura di destra: visione dall’alto del complesso.
In tutti i virus tumorali studiati in seguito fu rilevato questo enzima e quindi sono stati chiamati retrovirus.
Il DNA virale appena formato diventa circolare e entra nel nucleo; la trascrizione del DNA dei retrovirus avviene soltanto dopo l’integrazione nel DNA della cellula ospite: l’integrazione è quindi un passaggio obbligato nel ciclo vitale dei retrovirus.
Viene riportato uno schema della conversione di un RNA genomico in un DNA provirale.

Conversione dell’RNA genomico di un retrovirus in un DNA provirale a doppio filamento, l’RNA(+) è rappresentato in blu, il DNA(+) in verde e il tRNA primer in giallo.
PBS è il sito di attacco del primer, U5 e U3 sono sequenze diverse ed R è una sequenza ripetuta; LTR indica il luogo ripetuto terminale alle estremità del DNA provirale.
Sintesi e assemblaggio del capside virale.
Alcuni geni tardivi dirigono la sintesi delle proteine capsidiche, che si assemblano spontaneamente per formare il capside che avviene come per la morfogenesi dei batteriofagi; l’assemblaggio di un virus con envelope è generalmente simile a quello dei virus nudi ad eccezione del poxvirus che ha luogo nel citoplasma della cellula con un processo lungo e complesso che inizia con la costruzione di una nuova membrana che racchiude nel suo interno una porzione di matrice citoplasmatica.
Liberazione dei virioni.
Molti virus provocano tumori in numerosi vertebrati, dai rettili alle scimmie e certi specifici tipi sono la causa di tumori nell’uomo anche se si dubita che i virus rappresentino la principale causa di questa terribile malattia.
Nella tabella che segue sono evidenziate le osservazioni rilevate su cellule in coltura infettate da virus oncogeni.

Malattie virali dell’uomo.
Le malattie virali dell’uomo possono essere trasmesse per:
- attraverso l’aria e interessare direttamente o indirettamente il sistema respiratorio; entrano in questo contesto: varicella, rosolia, influenza, morbillo, parotite, le sindrome respiratorie, le polmoniti virali e il vaiolo.
- trasmissione da uomo a uomo attraverso artropodi vettori: alcune encefaliti, la febbre da zecca del Colorado e la febbre gialla.
- per contatto diretto da ospite a ospite: AIDS, herpes labialis, raffreddore comune,malattia da inclusione citomegaliche, herpes genitalis, alcune leucemie, mononucleosi infettiva, la rabbia e le epatiti virali.
- attraverso gli alimenti e l’acqua e che crescono nell’apparato intestinale o che semplicemente lo attraversano: gastroenteriti virali, epatite infettiva e la poliomielite.
- infezioni lente a lungo periodo di incubazione causate da alcuni lentivirus o prioni: malattia di Greutzfeldt-Jakob, il Kuru, la leucoencefalopatia multifocale progressiva, la sindrome di Gertsmann-Strassler-Scheinker e la panecefalite sclerosante subacuta.
- le verruche.
Malattie trasmesse per via aerea.
Varicella ed herpes Zoster: la varicella è una malattia altamente contagiosa della cute, che colpisce prevalentemente i bambini di età compresa fra 2 e 7 anni di età, vedi figura.

L’agente eziologico del virus è un membro della famiglia Herpesviride, che viene contatto attraverso l’inalazione di goccioline infette da parte dell’apparato respiratorio.
Dopo un periodo di incubazione che varia da 10 a 23 giorni, compare una eruzione cutanea sotto forma di piccole vescicole localizzate sul volto e sulla parte superiore del tronco; successivamente queste vescicole si riempiono di pus e si rompono esitando in croste.
Gli individui che superano l’infezione risultano immuni a questa malattia ; tuttavia essi non si sono liberati del virus, che può permanere al loro interno anche dopo la guarigione.
Alcuni di questi virus si trovano, sotto la forma di DNA virale, in uno stato di latenza all’interno dei nuclei dei neuroni sensitivi nei gangli delle radici dorsali; tale condizione viene indicata come infezione latente.
Durante il periodo di latenza il DNA virale permane nelle cellule infette, mentre non è possibile individuare nell’ospite la presenza di virioni.

I virus possono andare incontro a riattivazione (vedi figura) quando i soggetti infetti vengono a trovarsi in condizione di immunodeficienza (AIDS), oppure se vengono sottoposti a stress psicofisici.
In questo caso i virus migrano perifericamente lungo il decorso dei nervi sensitivi e danno luogo a una replicazione virale che determina, a ondate successive, eruzioni vescicolari dolorose. Questa manifestazione locale di riattivazione della varicella è detta varicella zoster (fuoco di Sant Antonio);
colpisce spesso soggetti che hanno subito interventi di cardiochirurgia, a causa del notevole stress che consegue a questo tipo di tecniche chirurgiche.
Rosolia: l’agente eziologico è il virus a RNA a singolo filamento, membro della famiglia Togaviride; la trasmissione si verifica per diffusione del virus presente nelle goccioline eliminate con le secrezioni nasofaringee dalle persone infette.
Dopo l’infezione e dopo un periodo di incubazione che varia da 12 a 23 giorni, compare la classica sintomatologia caratterizzata da febbre moderata e dal caratteristico esantema con piccole macule rosse che permangono non più di tre giorni; la comparsa dell’esantema è contemporanea allo sviluppo dell’immunità e alla scomparsa del virus dal sangue.
La rosolia può rappresentare una malattia estremamente dannosa se contratta durante il primo trimestre di gravidanza, in quanto può portare alla nascita di feti morti, all’aborto spontaneo e a una serie di malformazioni congenite.
Influenza:
Una complicanza occasionale dell’influenza, della varicella e di qualche altra malattia virale che colpisce i bambini al disotto dei 14 anni è: la sindrome di Reye e Guillain-Barré.
Sindrome di Reye.
Dopo la comparsa dell’infezione iniziale, il bambino manifesta vomiti insistenti e ripetute crisi convulsive seguito da delirio e coma; dal punto di vista patologico il cervello appare notevolmente rigonfio con lesioni ai mitocondri neuronali, il fegato presenta una grave infiltrazione grassa, si ha un innalzamento del livello di ammoniaca nel sangue e un incremento delle transaminasi sieriche glutammico-piruviche e glutammico-ossalacetiche.
Alcuni bambini possono presentare una guarigione spontanea che comporta tuttavia la permanenza di deficit neurologici, come un deterioramento delle capacità intellettive, crisi epilettiche ed emiplegia; il tasso di mortalità varia dal 10 al 40% dei casi.
Si sospetta che l’aspirina o altri prodotti farmaceutici contenenti salicilati, assunti per abbassare la febbre virale iniziale, aumentino la possibilità di contrarre la sindrome di Reye.
Sindrome di Guillain-Barré.
È un’altra condizione morbosa che interessa il sistema nervoso centrale e che è associata a infezioni influenzali.
In questa patologia l’individuo presenta una reazione di ipersensibilità ritardata sia alla vera e propria infezione virale sia al vaccino antinfluenzale; il virus, o l’antigene virale presente nel vaccino, danneggia le cellule di Schwann che rivestono ogni assone mielinico dei nervi periferici, provocando così una demieliniazzazione, ciò porta a quella che è una caratteristica principale di questa malattia: una polineuropatia con debolezza simmetrica alle estremità e un deficit sensitivo; fortunatamente la guarigione è in genere completa perché le cellule di Schwann sono in gradi di proliferare e avvolgere quindi i nervi demielinizzati.
Morbillo: il virus del morbillo della famiglia Paramyxoviride, viene trasmesso con le secrezioni respiratorie di persone infette e penetra nel corpo attraverso il tratto respiratorio o la congiuntiva.
la moltiplicazione del virus nelle vie respiratorie superiori determina, dopo un periodo di incubazione di 10-21 giorni, una sintomatologia prodromica caratterizzata da rinite, tosse secca, febbre, cefalea e congiuntivite.

Molto raramente compare una rara e fatale complicanza del morbillo: una degenerazione progressiva del sistema nervoso centrale detta panencefalite subacuta sclerosante.
Una volta guariti dal morbillo si risulta immuni permanentemente alla malattia.
Parotite: è una malattia virale acuta che colpisce soprattutto i bambini in età scolare; è causata da un paramixovirus che viene trasmesso con la saliva e le goccioline respiratorie a persone non immunizzate, la via di ingresso è rappresentata dal tratto respiratorio.
Le manifestazioni sintomatologiche più eclatanti sono rappresentate dalla tumefazione e dalla dolorabilità di una o entrambe le ghiandole salivari 16-18 giorni dopo l’esposizione al virus, il gonfiore permane in genere 1-2 settimane ed è accompagnato da febbre modesta.
La meningite e l’infiammazione dell’epidimo (epidemite) e dei testicoli (orchite) rappresentano gravi complicanze della parotite, soprattutto quando colpisce soggetti maschi dopo la pubertà.
Sindromi respiratore e polmoniti virali: gli agenti infettivi sono detti virus respiratori acuti, che nell’insieme provocano un’ampia varietà di manifestazioni cliniche tra cui: la rinite, la laringite e la bronchite; si ritengono responsabili di tali malattie i virus quali: adenovirus, coxachkievirus A e B, virus dell’influenza, parainfluenzali, poliovirus, virus respiratorio sinciziale e reovirus.
Il virus respiratorio sinciziale (RSV), viene spesso considerato il più pericoloso agente causale di infezione respiratoria nei bambini più piccoli; è un membro della famiglia Paramixoviridae che è costituito da virus a RNA, provvisto di rivestimento contenete due glicoproteine che formano delle proiezioni di superficie.
Una delle due proteine è una grossa glicoproteina, detta proteina G, responsabile del legame del virus alla cellula ospite; l’altra glicoproteina, proteina di fusione o F, è responsabile della fusione del rivestimento virale con la membrana plasmatica della cellula ospite e quindi della penetrazione del virus.
La sorgente del virus respiratorio è rappresentata dalle secrezioni respiratorie dell’uomo; la sintomatologia è rappresentata da un esordio acuto con febbre, tosse, rinite e congestione nasale, nei neonati e nei bambini più piccoli la malaria spesso evolve in bronchite o polmonite virale.
Malattie trasmesse da artropodi.
Gli arbovirus sono trasmessi tra i vertebrati da artropodi che succhiano il sangue e le malattie prodotte nell’uomo sono classificate in tre sindromi cliniche:
- febbri di tipo differenziato con o senza esantema.
- encefalite (infiammazioni del cervello) spesso con elevato tasso di mortalità.
- febbri emorragiche spesso gravi e letali.
Il mondo scientifico è a conoscenza dell’esistenza di virus che, soprattutto nei paesi tropicali, permangono in uno stato di latenza e che, con un minimo intervento della natura, possono emergere provocando più morti di quelli che già sta mietendo la pandemia di AIDS.
Vanno annoverati fra questi: la febbre emorragica da virus di Marburg; la più terrificante emorragia fu senza dubbio la febbre emorragica di Ebola scoppiata nel 1976 nello Zaire e nel Sudan, mentre nel 1989, a Baltimora, fu scoperta la febbre emorragica coreana portata da topi infetti.
La storia dimostra che le epidemie emorragiche virali, altamente rischiose per la sopravvivenza dell’uomo sono speso emerse quando l’uomo si muoveva in terre inesplorate o quando erano costretti a vivere in ambienti talmente deteriorati da generare nuovi focolai di ospiti virali.
In ogni caso le risorse mediche e scientifiche mobilitate nei confronti di queste patologie sono state inefficaci e spesso inappropriate.
Febbre gialla: questa malattia è causata da un flavivirus endemico in numerose aree tropicali come il Messico, il Sud America e l’Africa; la malattia si diffonde attraverso la popolazione secondo due modelli epidemiologici: nel ciclo urbano, la trasmissione interumana avviene attraverso la puntura della zanzara Aedes aegypti, nel ciclo selvatico, le zanzare trasmettono il virus tra le scimmie e dalle scimmie all’uomo.
Una volta infettata la persona, il virus si diffonde e si riproduce nei linfonodi locali; da questi si diffonde nel fegato, nella milza, nei reni, e nel cuore dove può persistere per molti giorni; nei casi più gravi il virus provoca vere e proprie lesioni negli organi interessati e sono presenti sintomi emorragici.
Malattie trasmesse per contatto diretto.
Sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS): è causata principalmente dal virus HIV-1 (anche se alcuni sono dovuti all’infezione HIV-2), un retrovirus strettamente correlato all’HTLV-1, agente della leucemia a cellule T dell’adulto, e ad HTLV-2, virus isolato da individui con leucemia a cellule capellute.
HIV-1 è un lentivirus è un virus rotondeggiante, provvisto di envelope e con un core cilindrico all’interno del proprio capside.
Vedi figura sotto riportata.

Schema del virione di HIV-1.
Ha una struttura icosaedrica che contiene 72 proiezioni esterne, formate da due coppie principali di proteine del rivestimento virale: gp-120 e gp-41.
Il doppio strato lipidico dell’HIV-1 è inoltre fornito di varie proteine dell’ospite, tra cui gli antigeni di istocompatibilità di classe I e II, acquisiti durante la gemmazione del virione.
Il nucleo contiene 4 proteine nucleocapsidiche (p-24, p-14, p-9 e p-7) ciascuna delle quali viene enzimaticamente scissa da un precursore gag-53 mediante la proteasi di HIV-1.
Il polipeptide p-24 fosforilato forma la principale componente della struttura più interna del nucleocapside, mentre la proteina p-17 è associata alla superficie interna del doppio strato lipidico, rendendo stabili le componenti esterne e interne del virione.
La proteina p-7 si lega direttamente all’RNA-genomico virale attraverso una struttura a nottolino a base di zinco e forma con p-9 il nucleo del nucleoide.
Il nucleo del retrovirus contiene il genoma (10 kb) di HIV-1, costituito da due coppie di RNA a singolo filamento associato ai vari enzimi virali preformati, tra cui la trascrittasi inversa, l’integrasi, la ribonucleasi e la proteasi.
Una caratteristica che distingue i lentivirus dagli altri virus a RNA è la notevole complessità del genoma virale; la maggior parte dei retrovirus capaci di attuare una replicazione contengono solo tre geni, detti gag, pol e env.
I geni gag, ed env codificano rispettivamente per i polipeptidi del nucleocapside del core e per le proteine dell’envelope di superficie, mentre il gene pol codifica per la trascrittasi inversa del virus, per le integrasi e per gli enzimi ribonucleasi.
HIV-1 contiene nel suo genoma a RNA di 9 Kb almeno altri 6 geni (vif, vpu, vpr, tat, nef); ed è proprio la collaborazione di questi 6 geni, ciascuno dei quali ha una propria funzione, che deriva probabilmente l’estrema patogenicità del Virus.
La struttura del genoma è rappresentato nella figura sotto riportata.

In questo schema sono rappresentati i 9 geni conosciuti di HIV-1 e le loro principali funzioni; sono inoltre riportate le lunghe sequenze ripetitive terminali LTR 5’ e LTR 3’(long terminal repeats) che contengono le sequenze regolatrici, per la trascrizione di tutti i geni virali, riconosciuti dai vari fattori di trascrizione dell’ospite.
Si rende nota la posizione dei geni tat e rev degli elementi tar (risposta transattivante) e rev (di risposta).
Avvenuta l’infezione, la proteina gp 120 dell’envelope del virus si lega al recettore glicoproteico CD4+ di membrana presente sui linfociti T CD4+, sui macrofagi e sui monociti; vedi figura.

Dopo l’interazione di gp 120 con il recettore di membrana CD4+ del linfocita, si verifica la fusione della membrana che viene mediata da gp 41
(2); ne consegue la penetrazione dell’HIV-1 nella cellula dell’ospite.
Ick rappresenta una tirosina chinasi linfoide specifica che si lega a CD4;
(3) dopo l’internalizzazione e la spoliazione, inizia la trascrizione inversa dell’RNA virale.
(4) ciò porta alla produzione di DNA virale a doppio filamento in presenza di opportuni fattori dell’ospite.
(5) una volta che il DNA è entrato nel nucleo, l’integrasi dell’HIV-1 favorisce l’inserimento di questo DNA a doppio filamento nel genoma del linfocita CD4.
(6) tale processo porta alla formazione di provirus dell’HIV-1.
(7) l’espressione del gene dell’HIV-1 è inizialmente stimolata dall’azione dei fattori di trascrizione costitutivi e specificamente inducibili all’ospite, con siti di legame nella lunga sequenza ripetitiva terminale; il loro legame porta alla conseguente produzione dei vari mRNA virali.
(8) i primi mRNA sintetizzati corrispondono alle molteplici specie sottoposte alle reazioni di splicing, di circa 2,0 kb, che codificano per le proteine regolatrici tat, rev e nef (vedi figura pagina 17).
(9) successivamente vengono prodotte le proteine strutturali del virus che consentono,
(10) l’assemblaggio e la morfogensi dei virioni.
(11) i nuovi virioni dell’HIV-1 prodotti per gemmazione virale dal linfocita CD4+, possono dare origine al nuovo ciclo vitale del retrovirus infettando nuovi linfociti CD4+ bersaglio.
L’infezione da parte dell’HIV-1 delle cellule umane CD4+ porta a quattro tipi diversi di alterazioni patologiche; il primo è una forma lieve di AIDS che si manifesta con una sintomatologia caratterizzata da febbre, malessere generale, cefalea, eruzione cutanea, ingrossamento dei linfonodi (linfoadenopatia), candidosi orale, perdita progressiva di peso, comparsa di anticorpi anti HIV-1.
Questo quadro sintomatologico, che si presenta nei primissimi mesi dell’infezione e che dura 1-3 settimane per poi recidivare, è conosciuto come complesso AIDS correlato (AIDS-related complex).
Il secondo tipo: l’AIDS conclamato, può svilupparsi direttamente dall’infezione primaria e il periodo medio per la manifestazione dell’AIDS è do 8-10 anni; in questo periodo il sistema immunitario risponde alla infezione da HIV-1 sintetizzando anticorpi anti HIV-1 ma in quantità insufficienti a ostacolare l’attacco del virus.
Questo si localizza soprattutto all’interno dei linfociti T-helper-CD4+ che iniziano a proliferare in modo abnorme nei linfonodi, la cui struttura interna va incontro a collasso per la proliferazione virale; ciò comporta una riduzione quantitativa dei linfociti nei linfonodi e un esaurimento selettivo della sottopopolazione dei linfociti T-CD4+ che risulta critica per la moltiplicazione dell’intero pool di linfociti T.
Con la diminuzione dei CD4+ si ha una carenza della sintesi della interleuchina-2, che stimola la produzione dei linfociti T in genere secondo lo schema sotto riportato.

Il meccanismo coinvolge almeno tre tipi cellulari:
- un macrofago che processi e presenti l’antigene;
- un linfocita TH capace di riconoscere e di rispondere ad esso;
- un linfocita B specifico per l’antigene.
Se tutte queste cellule sono presenti gli eventi immunologici sono i seguenti: il macrofago presenta l’antigene, nel contesto delle proprie proteine del complesso maggiore di istocompatibilità, al linfocita TH (segnale #1 per il linfocita T) e contemporaneamente secerne interleuchina 1 (segnale #2 per il linfocita T).
L’interleuchina 1 stimola il clone linfocita T a dividersi e sintetizzare interleuchina 2, inoltre stimola l’ipotalamo a innalzare la temperatura corporea che aumenta l’attività dei linfociti T; l’interleuchina 2 stimola il linfocita TH a proliferare e secernere una citochina che è in grado di far proliferare i linfociti B (BCGF, B-cell grow factor); come il numero dei linfociti B cresce, i linfociti T-helper producono un’altra citochina che è in grado di far differenziare i linfociti B (BCDF B-cell differentiation factor).
Questa ultima citochina interrompe i meccanismi replicativi dei linfociti B, li fa differenziare in plasmacellule e inizia i meccanismi di sintesi delle immunoglobuline; tutti i meccanismi immunologici che portano alla formazione di IgG, IgA e IgE si svolgono secondo le modalità descritte.
La carenza della sintesi dell’interleuchina ha come conseguenza la drastica riduzione della popolazione linfocitaria; questo evento porta l’individuo infetto recettivo a infezioni opportunistiche, cioè suscettibile all’invasione da parte dei microrganismi patogeni.
Oltre a questi altri fattori intervengono nella patogenesi dell’AIDS; HIV-1 può infatti ridurre la risposta immunitaria distruggendo o inattivando le cellule dendritiche che presentano antigeni estranei ai linfociti T; inoltre HIV subisce mutazioni genetiche con un ritmo talmente elevato da sottrarsi al sistema immunitario fino a sopraffarlo completamente.
Lo sviluppo di una particolare infezione opportunistica dipende dalla concentrazione ematica dei linfociti CD4+ che, negli individui sani, si aggira intorno a 1.000 cellule/mm3 di sangue; quando la concentrazione scende a 400-200 cellule /mm3 iniziano le prime infezioni opportunistiche; le più significative sono sotto riportate.
Batteri: Mycobacterium avium-intracellulare linfoadenopatia e tubercolosi disseminata
Mycobacterium tubercolosis: tubercolosi
Miceti Candida albicans esofagite, candidiosi orale
Coccidioide immitis polmonite
Criptococcus neoformans meningite
Histoplasma capsulatus polmonite e infezioni diffuse
Protozoi Pneumocystis carini polmonite
Toxoplasma gondii retinocoroidite, diarrea
Virus: Citomegalovirus (retina esofago colon)
virus di Epstein Barr leucoplacca orale ruvida
Herpes simplex Stomatite. Lesioni ulcerative mucocutanee
Herpes zoster Varicella lesioni cutanee localizzate
Il terzo tipo di malattia causata da HIV-1 coinvolge il sistema nervoso centrale allorché i macrofagi infetti riescono ad attraversare la barriera ematoencefalica; i sintomi tipici della forma neurologica nei pazienti con AIDS sono cefalea, febbre, lievi modificazioni dell’apprendimento, riflessi abnormi e atassia; negli stati avanzati della malattia compaiono la demenza e gravi disturbi sensitivi e motori.
Le modificazioni istologiche sono rappresentate da processi infiammatori dei neuroni, formazione di noduli e demielizzazione; nella demenza da AIDS sono infettati soprattutto i macrofagi e le cellule gliali che producono per gemmazione nuovi virus.
Tali sintomi si pensa siano da attribuire alla presenza di antigeni virali e all’induzione virale di citochine che si legano alle cellule gliali e ai neuroni; l’induzione da parte di HIV-1, dell’interleuchina 1 (IL-1) ed il fattore di necrosi tumorale (TNF-) stimola una ulteriore riproduzione virale e l’induzione di altre citochine (per esempio, l’interleuchine 6, il fattore stimolante la colonia granulocita-macrofago [GMCSF, granulocyte-macrophage colony-stimulating-factor]).
La combinazione dei fattori IL-1 e TNF- con IL-6 e GMCSF probabilmente rappresenta la causa scatenante di numerosi reperti clinici e istopatologici a carico del sistema nervoso centrale degli individui effetti da AIDS.
Il quarto tipo di manifestazione patologica che può conseguire all’infezione da AIDS è il cancro; gli individui infettati da HIV-1 presentano un rischio più elevato di contrarre tre tipi di tumore:
- il sarcoma di Kaposi.
- i carcinomi del cavo orale e del retto.
- il linfoma primitivo a cellule B.
sembra probabile che la depressione della risposta immunitaria consenta agli agenti cancerogeni secondari di scatenare il processo neoplastico; da queste forme di cancro è stato recentemente isolato un nuovo herpesvirus umano: HHV-6.
Herpes labialis.
È una malattia causata dal virus herpes simplex di tipo 1 (HSV-1); come tutti gli herpes virus anche questo è un virus a DNA a doppio filamento con un capside icosaedrico fornito di envelope.
La trasmissione avviene per contatto diretto con la superficie di tessuti epiteliali infettati dal virus; nel punto di infezione primaria si sviluppano una o più lesioni vescicolari e la lesione tessutale è ospite-e virus-mediata; dopo l’infezione primaria , il virus passa nelle terminazioni nervose adiacenti e migra verso gli assoni fino al ganglio del nervo trigemio, dove permane in una stato di latenza per tutto il periodo della vita della persona infetta.
La riattivazione del virus è scatenata da vari fattori stressanti come un’eccessiva esposizione al sole, la febbre, traumi, raffreddore, stress emotivi e cambiamenti ormonali; una volta riattivato il virus migra dal ganglio trigeminale, lungo il nervo periferico, fino al bordo labiale o in altre parti del corpo dove provoca un altro herpes labiale.
Raffreddore comune.
È una delle più frequenti infezioni che colpisce l’uomo di qualunque età, il responsabile, per il 30% dei casi, è un rhinovirus a RNA a singolo filamento appartenete alla famiglia dei Picornaciridae; i raffreddori possono essere causati anche da numerosi altri virus respiratori e la frequenza con cui si manifestano i raffreddori si devono a molteplici fattori tra cui: i diversi sierotipi di rhinivirus, il coinvolgimento di altri virus respiratori e la mancanza di immunità duratura.
Studi epidemologici del raffreddore da rhinovirus ha dimostrato che gli starnuti esplosivi e incontenibili non sono così importanti nella trasmissione del virus, quanto invece il contatto con le mani contaminate di un donatore con quello di un ricevente.
Infezioni da citomegalovirus.
Sono causate dal citomegalovirus umano (HCMV) un membro della famiglia degli herpesvirus
Sebbene l’infezione da HCMV decorrono in forma asintomatica, alcuni pazienti a rischio possono sviluppare una malattia grave e conseguenze a lungo termine.

Per esempio: il virus rimane la causa principale di infezioni intrauterine congenite; è un importante agente di infezioni da trasfusione di sangue, è un fattore che aumenta il tasso di morbosità e mortalità tra i trapiantati d’organo e nei pazienti immunocompromessi (AIDS e neoplasie).
Data la persistenza, in forma latente, nell’organismo, l’HCMV viene eliminato per anni con la saliva, il latte, le urine, lo sperma e le secrezioni della cervice uterina.
L’HCMV può infettare qualsiasi cellula dell’organismo umano, dove si moltiplica lentamente determinando un aumento delle dimensioni delle cellule interessate.
Le cellule infette contengono i caratteristici corpi inclusi intracellulari e le inclusioni citoplasmatiche (vedi figura).
Nei casi letali si è visto che il danno cellulare è a carico del tratto gastrointestinale, dei polmoni, del fegato, della milza e dei reni.
Herpes genitalis.
È una malattia causata dall’herpes simplex di tipo 2 (HSV-2).
Viene trasmesso di solito per contatto sessuale; l’infezione si manifesta dopo un periodo di incubazione di circa una settimana con febbre, sensazioni di bruciore e dolori ai genitali

Le vescicole che appaiono nella zona interessata sono dovute alla lisi cellulare e allo sviluppo di una reazione infiammatoria locale, contengono liquido sieroso e virus infettanti; anche se le vescicole guariscono generalmente in modo spontaneo in poche settimane, i virus vanno a localizzarsi nelle cellule nervose del plesso sacrale dove rimangono in forma latente.
Oltre che per contatto sessuale il virus può essere trasmesso al nascituro durante il passaggio nel canale del parto dando luogo a un herpes congenito (neonatale), una delle infezioni più pericolose che colpiscono i neonati; per tale motivo qualsiasi donna che abbia sofferto di herpes genitalis dovrebbe essere sottoposta a tagli cesareo onde evitare il parto naturale.
Leucemia.
Fra le varie leucemie che verranno discusse nel presente capitolo alcune di queste sono causate da due retrovirus: virus T-linfotropo umano 1 e 2 (HTLV-1 e HTLV-2); questi virus vengono trasmessi mediante trasfusioni di sangue contaminato, tra drogati per scambio di aghi infetti, tramite contatti sessuali, per via trasplacentare, attraverso il latte materno e le zanzare.
Leucemia a cellule T dell’adulto: è una neoplasia delle cellula T-CD4+ che si osserva nei pazienti con infezioni da HTLV-1; è caratterizzata da lesioni cutanee, linfoadenopatia generalizzata, epatosplenomegalia, linfocitosi del sangue periferico ed ipercalcemia.

le cellule tumorali contengono il provirus HTLV-1 in form clonale e questo è compatibile con un diretto coinvolgimento del virus della patogenesi della neoplasia. La maggior parte dei pazienti si presenta con malattia rapidamente progressiva, che porta a morte del paziente nello spazio di mesi o al massimo di un anno, nonostante l’applicazione di chemioterapie aggressive.
Leucemia a cellule capellute: l’agente responsabile è l’HTLV-2 e costituisce circa il 2% di tutte le leucemie; colpisce prevalentemente soggetti maschi di razza bianca e di mezza età.
La leucemia a cellule capelluta prende il nome dalle numerose proiezioni di membrana che conferiscono ai linfociti T un aspetto peloso; confronta figura sotto riportata.
Un aspetto citochimico caratteristico della leucemia a cellule capellute è rappresentato dalla presenza di fosfatasi acida tartrato resistente nelle cellule neoplastiche B; le cellule capellute inoltre esprimono di solito i marcatori cellulari pan-B CD 19 e CD 20 igH di superficie e catene leggere x 0 , l’antigene associato ai monociti CD 11c, CD 25 (il recettore IL-2) e l’antigene 1 associato alle plasmacellule (PCA-1).

Le manifestazioni cliniche derivano in gran parte dall’infiltrazione del midollo osseo, del fegato e della milza; la splenomegalia spesso massiva è il segno fisico più comune e talvolta costituisce l’unica alterazione presente.
Circa un terzo dei pazienti si presenta con infezioni da micobatteri atipici forse in parte correlata alla frequente monocitopenia.
Mononucleosi infettiva (virus di Epstein-Barr):
Il virus si trasmette per contatto interumano, spesso con la saliva; una glicoproteine dell’envelope si lega alla proteine CD 21, che è il recettore CR2 per il complemento presente sulle cellule epitaliali e sulle cellule B.

Il virus entra nel citoplasma delle cellule epiteliali fondendosi direttamente con la membrana citoplasmatica, oppure, quando penetra nelle cellule B, fondendosi con le membrane endosomiali.
Nella fase iniziale dell’infezione, il virus penetra all’interno delle cellule epiteliali del nasofaringe, dell’orofaringe e delle ghiandole salivari diffondendo contemporaneamente al tessuto linfoide sottostante, coinvolgendo più specificamente i linfociti B.
Nella fase precoce dell’infezione vengono prodotti anticorpi IgM contro antigeni capsidici virali, mentre successivamente vengono prodotti anticorpi IgG che permangono per tutta la vita; gli anticorpi IgA prevengono l’infezione delle cellule B, ma aumentano l’infettività di EBV per le cellule epiteliali.
Più importante per il controllo della proliferazione policlonale delle cellule B risultano le cellule T-CD(+ e le cellule natural killer.
Nei soggetti sani, la presenza di una risposta umorale e cellulare completa frena la diffusione virale; rimangono latenti poche cellule B e in alcune cellule epitaliali dell’orofaringe dove può essere coinvolto nello sviluppo, rispettivamente, del linfoma di Burkitt e nel carcinoma nasofaringeo.
Le principali alterazioni riguardano il sangue, i linfonodi, la milza, il fegato, il sistema nervoso centrale e occasionalmente altri organi; nella mononucleosi si formano dei grossi linfociti atipici
Caratterizzati dalla presenza di un citoplasma abbondante contenete vasquolizzazioni multiple, chiare a nucleo ovale indentato con numerose pieghe (vedi figura).

All’esame istologico il tessuto linfoide è pieno di linfociti atipici che occupano le aree paracorticali.
La milza nella maggior parte dei casi è ingrandita; generalmente molle e carnosa, con la superficie di taglio iperemica.
Queste milze sono particolarmente fragili andando soggette a rottura, probabilmente a seguito dell’infiltrazione delle trabecole e della capsula da parte dei linfociti.
La funzione epatica è quasi sempre transitoriamente alterata; l’esame istologico sono presenti linfociti atipici negli spazi portali e nei sinusoidi, possono essere anche presenti cellule isolate oppure foci sparse di necrosi parenchimale pieni di linfociti.
Il sistema nervoso centrale può presentare congestione, edema e nelle leptomeningi possono esservi infiltrati perivascolari di monociti; a carico dei nervi periferici sono state descritte degenerazioni della mielina e distruzione del cilindrasse.
Rabbia: è causata dal virus della rabbia, un rhabdovirus a forma di proiettile che si moltiplica nelle ghiandole salivari degli animali infetti; il virus viene trasmesso all’uomo attraverso il morso di un animale infetto.

Avvenuto il contagio il virus si moltiplica nel muscolo scheletrico e nel connettivo, infine progredisce lungo l’assoplasma nervoso fino alle terminazioni periferiche del sistema nervoso centrale; il virus continua a riprodursi all’interno dei neuroni cerebrali dando luogo ai caratteristici corpi del Negri, che sono degli ammassi di virus o di subunità virali isolate.
I sintomi della rabbia compaiono in genere dopo un periodo di incubazione di 2-6 settimane e sono caratterizzate da un senso di apprensione, perdita di appetito, febbre e uno stadio di paralisi.
In circa il 50% dei casi compiono contrazioni spasmodiche intense e dolorose dei muscoli della deglutizione nel tentativo di inghiottire liquidi; la morte è causata dalla distruzione, a livello cerebrale, dei centri che regolano la respirazione.
Epatiti da siero.
Epatite B: (HBV) causa dell’epatite da siero e può produrre:
- epatite acuta.
- epatite cronica non progressiva.
- malattia progressiva cronica che esita in cirrosi.
- epatite fulminate con necrosi epatica massiva.
- uno stato di portatore asintomatico con o senza progressione della malattia.
Inoltre HBV riveste un ruolo importante nello sviluppo del carcinoma epatocellulare; HBV è un virus resistente e può sopportare temperature estreme ed umidità, perciò, nonostante il sangue ed i fluidi corporei siano i veicoli primari dell’infezione, il virus può diffondersi anche per contatto con le secrezioni, come lo sperma, la saliva, il sudore, le lacrime, il latte materno ed i versamenti.
La trasfusione, i prodotti ematici, le dialisi, le punture accidentali con aghi fra sanitari, l’uso di droghe intravenose e l’omosessualità costituiscono i principali fattori di rischio.
L’HBV è un membro della famiglia degli Hepadnavirus, un gruppo di virus a DNA con ceppi che causano epatiti negli umani; il virione maturo è la particella di Dane, sferica, a doppio strato, con un rivestimento esterno di proteine , lipidi e carboidrati che avvolge un core vagamente esagonale; come illustrato nella figura sotto riportata.

L’organizzazione del genoma dell’HBV è unica, in quanto tutte le regioni del genoma virale codificano sequenze proteiche, fra cui:
- il nucleocapside (antigene core dell’epatite B, HBcAg) è un polipeptide leggermente più lungo , trascritto nella regione core e da quella precore designato come HbeAg (antigene e dell’epatite B).
- la glicoproteina di rivestimento (antigene di superficie dell’epatite B, HbsAg); gli epatociti infetti sono capaci di sintetizzare e liberare quantità massive di proteina di superficie non infettante (HbsAg)..
- la DNA polimerasi che mostra un’attività di trascriptasi inversa; la replicazione genomica si realizza tramite uno stampo di RNA intermedio.
- una proteina della regione X (HBX), necessaria per la replicazione virale, che agisce come transattivatore trascrizionale dei geni virali e di numerosi altri geni promotori del genoma dell’ospite; si ritiene che HBX sia implicato nella patogenesi del carcinoma epatocellulare.
Le infezioni da HBV passano attraverso due fasi: la fase proliferativa è il periodo durante il quale l’HBV-DNA è presente in forma episomale , con virioni completi e tutti gli antigeni associati; l’espressione cellulare di HbsAg e di HBcAg virali, in associazione con molecole di MHC di classe I porta all’attivazione dei linfociti T citotossici.
Segue poi una fase integrativa, con corporazione di DNA virale del genoma della cellula ospite; quando cessa la replicazione virale e compaiono gli anticorpi antivirali, termina l’infettività e il danno epatico diminuisce, anche se persiste il pericolo di carcinoma epatocellulare.
Occasionalmente durante l’infezione attiva, ceppi mutanti di HBV possono emergere insieme con il ceppo naturale; anche se la maggior parte dei mutanti non possono dare origine a virioni infettivi, alcuni riescono a replicare, ma sono incapaci di esprimere HbeAg.
L’assenza di una risposta anticorpale dell’ospite ball’HbeAg è associata all’epatite fulminante.
Una seconda temibile eventualità è lo sviluppo di mutanti indotti dal vaccino, che sembrano replicarsi in presenza di una immunità vaccino-indotta.
Dopo l’esposizione al virus, si osserva un periodo relativamente lungo di incubazione asintomatica che dura mediamente 6-8- settimane (con oscillazione fra 4 e 26 settimane), seguito dalla malattia acuta che persiste per molte settimane o mesi (vedi figura sotto riportata.

Markers sierologici che dimostrano la fase acuta con risoluzione.
Nella maggior parte dei casi la malattia è autolimitantesi:
- l’HbsAg appare prima dell’insorgenza dei sintomi e ha un picco durante la malattia conclamata, per poi declinare fino a livelli non valutabili in 3-6 mesi.
- L’HbeAg, l’HBV-DNA e la DNA polimerasi compaiono nel siero subito dopo l’HbsAg e rappresenta tutti i markers dell’infezione attiva.
- Le IgM anti-HBc iniziano ad essere dosabili a livello sierico subito prima dell’insorgenza dei sintomo econtemporaneamente all’aumento delle transaminasi; dopo mesi le IgM vengono sostituite da IgG anti-HBc.
- L’anti Hbe è dosabile immediatamente dopo la scomparsa di HbeAg, implicando così che l’infezione acuta ha già raggiunto il suo picco e che la malattia è in declino.
- Le IgG anti-HBs non aumentano finche l’episodio acuto non sia finito e di solito non sono rilevabili per alcune settimane o mesi dopo la scomparsa dell’HbsAg.
La replicazione dei virioni di HBV è caratterizzata dalla presenza persistente di HbsAg, HbeAg, HBV-DNA circolanti, in genere associata a quella di anticorpi anti HBc e occasionalmente di anti HBs

Progressione della fase cronica.
Epatite C.
L’agente causale dell’epatite C è il virus HCV con RNA a singolo filamento e il rivestimento lipidico; fa parte della famiglia Flaviviride.
Il suo genoma codifica per un singolo polipeptide che viene successivamente processato in proteine funzionali; è altamente instabile dando di conseguenza luogo ad una molteplicità di tipi e sottotipi.
l periodo di incubazione per l’epatite C varia da 2 a 26 settimane; l’RNA rimane in circolo nonostante la presenza di anticorpi neutralizzanti in molti pazienti, tra cui più del 90% di quelli con malattia cronica.
Nella forma cronica un segno clinico caratteristico dell’infezione da HCV è l’aumento episodico delle transaminasi nel siero, alternato da periodi di normalità o quasi.


Rappresentazione schematica del possibile andamento dell’infezione epatica del virus C.
Malattie virali trasmesse per via alimentare e idrica.
Gastroenterite virale acuta; (infiammazioni dello stomaco e dell’intestino) è una malattia infettiva che può essere causata da ben 5 principali categorie di virus: rotavirus, adenovirus eneterici, virus Norwalk, calcivirus e astrovirus; l’importanza medica di questi virus viene sintetizzata nella tabella sotto riportata.

I virus responsabili della gastroenterite sono probabilmente trasmessi per via oro-fecale e colpisce più frequentemente i neonati e i bambini in età compresa fra 1 e 11 mesi; in essi il virus aderisce alle cellule epiteliali dei villi del primo tratto intestinale causando malassorbimento, riduzione e trasporto di sodio e diarrea.
Il quadro clinico può variare da forma asintomatiche, a una diarrea relativamente moderata, con cefalea e febbre, fino ad uno stato di grave disidratazione talvolta fatale; il vomito è quasi sempre presente.
Epatite infettiva: l’epatite infettiva è una malattia benigna ed autolimitante, con un periodo di incubazione compreso fra 14 e 45 giorni; il virus dell’epatite A (HAV) non provoca epatite cronica, né uno stato di portatore e solo raramente è causa di epatite fulminante.
L’HAV è un piccolo picornavirus a RNA, monocapsulato, a singolo filamento, classificato come Hepatovirus; si diffonde con l’ingestione di acqua e cibi contaminati (specialmente frutti di mare) ed è presente nelle feci per due tre settimane prima e una settimana dopo l’insorgenza dell’ ittero.
La sequenza di markers sierologici è illustrata nella figura sotto riportata.
Poliomielite: è un virus del gruppo picorna degli enterovirus; nei soggetti non immuni il virus causa una gastroenterite lieve o subclinica, tuttavia, in una piccola percentuale della popolazione esposta invade secondariamente il sistema nervoso.

La malattia si manifesta inizialmente con irritazione meningea e un quadro liquorale di meningite asettica; questa infezione può rimanere stabile oppure coinvolgere il midollo spinale.
Tuttavia se viene colpito il sistema motorio, la perdita dei motoneuroni produce una paralisi flaccida con atrofia muscolare e iporeflessia nei segmenti spinali colpiti e che è la conseguenza neurologica permanente della poliomielite.
I casi acuti mostrano un infiltrato infiammatorio mononucleato perivascolare e neuronofagia delle corna anteriori del midollo spinale; la reazione a catena polimerasica in situ per la polimerasi inversa, ha messo in evidenza RNA di polivirus nei motoneuroni degli stessi.Talvolta possono essere colpiti i nuclei motori craniali; l’esame autoptico di sopravvissuti a lungo termine da poliomielite sintomatica mostra perdita dei neuroni e gliosi di lunga data delle corna anteriori colpite del midollo spinale, un minimo infiltrato infiammatorio residuo (motorio) e atrofia neurogena dei muscoli denervati.
Malattie da virus lenti: può essere definita come un processo patologico progressivo causato da un agente trasmissibile (virus o prione), che rimane clinicamente silente durante il lungo periodo di incubazione (mesi o anni); successivamente si verifica una malattia conclamata a decorso prolungato che esita, a distanza di mesi, in una infermità o nella morte.
Nella tabella sotto riporta vengono elencate sei di queste malattie.

Verruche: sono proliferazioni cornee della cute causate dai papillomavirus; almeno 8 distinti genotipi danno luogo a tumori epiteliali benigni, diversi a seconda della localizzazione, dell’aspetto e delle caratteristiche istopatologiche.
Apporto di biomolecole conformazionate da catalizzatori enzimatici
In questa relazione si vuole evidenziare le caratteristiche più importanti dei prodotti Citozeatec.
Sottolineando che l’alterazione di una molecola genetica all’interno del nucleo cellulare, porta modificazione del codice di memorie alle proteine di trasporto e di conseguenza a tutto il sistema dell’organismo.
Quello che deve essere evidenziato è che tutti i cicli (Krebs, Acidi grassi e Urea ) sono guidati da una serie di memorie biochimiche ripetitive e, se solo una di queste memorie perde la sua capacità, si possono verificare danni anche molto gravi; la risoluzione di questi danni non può passare attraverso il concetto di cura delle conseguenze, come normalmente accade con la farmacologia e l’oncologia, per migliorare il sistema dell’organismo vanno affrontate migliaia e migliaia di reazioni biochimiche a cui il farmaco deve far fronte. (farmaco ancora da scoprire).
Io spirito della Citozeatec è di produrre molecole biodinamiche mediante tecnologie a conversione enzimatiche (per biodinamica intendiamo la lavorazione continua del substrato con enzimi specifici, in una catena di reattori posti in un impianto industriale imprimendo le memorie degli enzimi nel prodotto finale. Così da dotare le molecole con un proprio codice di riconoscimento verso il proprio sistema) o molecole Citogenetiche.
Molecole quindi in grado di disattivare enzimi anomali e fornire potenza agli enzimi della propria specie, lisozimi compreso.
Ruolo generale a livello biochimico
I prodotti Citozeatec, oggetto della presente relazione, sono preparati con prodotti agricoli assolutamente non transgenici, coltivati su terreni a perfetta sanità biochimica.
La rigorosità, con cui si preparano le materie prime agricole, nasce dal fatto che non sono minimamente ammissibili i prodotti transgenici in quanto gli stessi contengono enzimi non accettabili dal metabolismo animale e umano.
Riveste notevole importanza, nella coltivazione, l’assenza di diserbanti, pesticidi, fitofarmaci e altri prodotti di sintesi in quanto questi prodotti rilasciano veleni di difficile eliminazione e in netto contrasto con le proteine che si devono produrre.
Come già specificato i prodotti Citozeatec, sono derivati da una coordinata attività di processi biochimici su materie prime vegetali rigorosamente biologiche, ottenendo una serie di substrati perfettamente coniugati secondo i principi della biochimica umana.
Sono pertanto una felice combinazione di pacchetti energetici in grado di interagire nei processi duplicativi delle cellule, possiedono un’elevata memoria biochimica in grado di modulare, partecipando in forma diretta, la sintesi delle proteine promosse sia nella replicazione del DNA che nelle eventuali fasi di correzione degli errori di trascrizione.
Alle proteine di base, amminoacidi questi preparati vengono facilmente utilizzati da enzimi, coenzimi, tRNA assemblando la sequenza proteica nelle strutture ribosomiali, favorendo e potenziando le attività di controllo genomico del DNA cellulare.
Modalità di utilizzo dei prodotti biodinamici Citexivir, Citozym, Ergozym Plus, Citovigor e Propulzym.
Sulla modalità e le risposte che i prodotti biodinamici in relazione alle alterazioni da infezione e degenerative sono in grado di espletare, non possiamo entrare nei particolari per ovvi motivi; quello che possiamo dire può essere sintetizzato come segue.
Citexivir,
È una felice combinazione di molecole polifunzionali in grado di produrre in endocitosi, NADH, FADH, Acetil CoA, (energia pura) delle cellule, formandosi una gamma di apo e co-enzimi in grado di modulare, partecipando alla sintesi delle proteine promosse sia nella replicazione del DNA che nelle eventuali fasi di correzione degli errori di trascrizione.
Citexivir, possedendo la trascrizione enzimatica sequenziale della cellula sana (eucariote), è in grado di riconoscere anomalie cellulari siano esse derivate dalla mutazione genetica portata da una errata trascrizione o da una modifica fisiologica operata da virus e retrovirus.
La sua azione si esplica pertanto a livello genetico e quando riconosce un errore a livello di funzionalità cellulare interviene stimolando una serie di proteine (macrofagi,cellule-NK ecc.) capaci di distruggere e rimodellare la cellula infetta, staccando amminoacidi dai carbossil-terminali del HCV-RNA.
La sua azione pur essendo specifica non è distruttiva in quanto le proteine corrette non vengono eliminate ma ricomposte secondo lo schema della fisiologia cellulare sana.
Si può dire che Citexivir interviene fino a ridosso dei cromosomi fornendo agli RNA molecole di energia prontamente utilizzabile, riattivando quelle distonie biologiche siano esse casuali che ereditarie, si comporta come una proteina transmembrana simile agli anticorpi, che contiene regioni variabili e costanti, riconoscendo peptidi prodotti dalla digestione di proteine estranee.
Citexivir è in grado di fornire istruzioni sul loro corretto funzionamento. E’ come se, in qualche modo, a cellule che sono di fatto “impazzite” venisse detto come comportarsi) codificare proteine che contengono il ripiegamento delle immunoglobuline e media processi di riconoscimento cellula-cellula.
Ergozym plus.
Contiene tutta una serie di poli molecole energetiche che possono assemblare proteine specifiche configurate nell’ mRNA, interviene direttamente apportando patrimonio proteico utile alla ricostruzione cellulare e alla trascrizione del DNA genomico.
Ergozym plus possiede anche una particolarità eccezionale: quella di donare fattori energetici sottoforma di gruppi di memorie ad alta energia, questi gruppi permettono il riassorbimento di energia in cellule debilitate e compromesse da una anomalia qualunque essa sia.
Ergozym plus in associazione a Citexivir, interviene sugli introni apportando materiale genetico utile alla correzione delle anomalie di trascrizione genomica.
Analogamente alle proteine di trascrizione del DNA Ergozym scorre sulle proteine di membrana attivando i trasporti siano essi portati dalle pompe sodio potassio, potassio calcio che in quelle adibite al trasporto delle proteine transmembrana.
La particolarità più spiccata di Ergozym Plus è quella di ricodificare, grazie alla sua configurazione informazionale la sequenza enzimatica delle cellule, sintetizzando adeguati molecole dei processi successivi per la.
Per quanto concerne l’AIDS e per tutti i retrovirus come il sarcoma aviario, è necessario puntualizzare che:
- I geni gag, pol e env sono fiancheggiati da due LTR.
- L’HIV contiene anche 4 geni insoliti chiamati sor, trs, tat e 3’orf.
- Il taglio di poliproteine e lo splicing alternativo dell’mRNA porta alla formazione di numerose proteine di questo piccolo genoma.
- La proteina tat stimola la formazione di mRNA virali legandosi ai siti promotori e può anche determinare un aumento della traduzione.
- La proteina trs influenza lo splicing per fare aumentare l’espressione dei geni gag, pol, env e sor.
- L’azione combinata di queste proteine rende l’HIV un patogeno formidabile, inoltre env subisce mutazioni con una sequenza molto alta.
Normalmente la resistenza di molte cellule animali a diversi virus è aumentata dagli interferoni, una famiglia di piccole proteine sintetizzate e secrete da cellule dei vertebrati a seguito di una infezione virale.
La capacità del sarcoma aviario, dell’HIV e dei retrovirus in generale, per la facilità di mutazione di env, la produzione di interferone attivo su questi virus risulta inefficiente.
Numerosi ricerche hanno dimostrato che Citexivir, in abbinamento a Ergozym Plus inducono la cellula infetta da retrovirus a produrre una cascata di reazioni che bloccano la crescita e la proliferazione cellulare convertendo gli stampi di mRNA e rRNA che fanno parte dell’apparato di sintesi proteica dei retrovirus.
Dulcozym
Come L’Ergozym, ma con potere superiore di dolcificazione. Nelle sue diluizioni, assume potere rotatorio, destrogiro, cosi come convertito da enzimi selezionati. Il Dulcozym ha un’ importante azione biochimica nell’attivare numerosi enzimi digestivi è coenzimi, potenziando le difese immunitarie (Aspecifica innata e difesa immunitaria specifica acquisita o adattativa) contro i microrganismi (batteri, virus, funghi, parassiti) e le macromolecole estranee. La materia prima di questo preparato è stata ottenuta secondo i canoni della biochimica naturale, cosi da fornire ai catalizzatori naturali presenti nei vari cicli vitali (ciclo di Krebs, degli acidi grassi, dell’urea, ecc.) il giusto riordino biodinamico, si arriva così alla formazione dei codoni di amminoacidi e di tutti i componenti energetici necessari ad implementare tali cicli.
Propulzym.
Si tratta di una particolare miscela di apo-enzimi che vengono utilizzati per il bilanciamento enzimatico coprendo le eventuali carenze, interviene sulla stabilità del pH e sulle peristalisi intestinali apportando un considerevole aiuto all’assimilazione dei cibi e alla evacuazione dei cataboliti e sostanze di scarto.
La sua attività, sempre in sintonia con Citexivir ed Ergozym plus incentiva gli enzimi per il controllo della biosintesi del colesterolo.
Modalità di azione di Citexivir, Ergozym plus e Propulzym in HCV-RNA. vedi ricerche e pubblicazioni.
Sono in corso ricerche su infezione da HIV per rilevare dati significativi su questa alterazione.
Nella descrizione che segue vengono tracciate le modalità di azione sul virus dell’AIDS, che rappresenta, ad oggi, la forma più severa delle infezioni virali la cui patogenicità e la velocità di mutazioni del virus rendono estremamente difficoltoso qualunque tentativi di creazione di un vaccino idoneo.
La patogenesi dell’infezione da HIV sono descritte a pagina 16 della presente relazione; in questa sede si richiamano i vari meccanismi di infezione per concludere come le modalità di azione specifiche dei prodotti in questione..
Vi sono prove molto convincenti sul fatto che la molecola CD4 sia un recettore di alta affinità per l’HIV e il tropismo selettivo del virus per le cellule CD4+ e per le altre cellule CD4 positive, come i monociti/macrofagi e le cellule di langherans/cellule dendritiche.

Il legame alla molecola di CD4 non è sufficiente per l’infezione; perché l’ingresso nella cellula possa avvenire, è necessario che la proteine gp120 dell’HIV si leghi ad altre molecole di superficie, che fungono quindi da corecettori.
Il ruolo di corecettore è svolto da due molecole di superficie, il CCR5 e il CXCR4, recettori per le -chemochine e -chemochine, rispettivamente (vedi figura sopra riportata); l’involucro dell’HIV contiene due glicoproteine, la glicoproteine transmembrana gp41 e la glicoproteina di superficie gp120, associata non covalentemente alla prima.
La fase iniziale dell’infezione è rappresentata dal legame della gp120 con la molecola CD4; ciò provoca un mutamento conformazionale che consiste nella formazione, sulla gp120, di un nuovo sito di legame per i corecettori CCR5 o CXCR4, la fase successiva comporta variazioni conformazionali della gp41.
Un peptide presente all’apice della gp41, dotato della capacità di fusione cellulare, viene inserito nella membrana della cellula bersaglio, sia essa un linfocita T o un macrofago; dopo la fusione, il core virale, contenete il genoma dell’HIV, entra nel citoplasma della cellula.
Il genoma virale una volta internalizzato, viene sottoposto a trascrizione inversa, processo che porta alla formazione di un cDNA (DNA provirale); nelle cellule T quiescenti, il cDNA dell’HIV può restare nel citoplasma in una forma episomica lineare, mentre in quelle proliferanti prende forma circolare, entra nel nucleo e viene quindi integrato al genoma cellulare.
Questo tipo di infezione produttiva, quando è associato con una massiccia fuoriuscita di virus dalla cellula, porta a morte la cellula stessa; va notato che, sebbene l’HIV possa infettare cellule T quiescenti, la trascrizione del DNA provirale (e quindi l’infezione produttiva) iniziano solo quando la cellula infetta è attivata in seguito al contatto con l’antigene o da citochine.
Si può pertanto dedurre che l’infezione produttiva delle cellule T sia il meccanismo mediante il quale l’HIV provoca la lisi delle cellule T CD4+; nonostante la perdita di cellule CD4+ sia inesorabile e spesso molto marcata, le cellule T in fase di infezione produttiva sono relativamente scarse nella circolazione e ciò a una serie di ipotesi:
- nella fase precoce della malattia, l’HIV colonizza gli organi linfoidi (milza, linfonodi, tonsille); sono questi organi e non il sangue periferico, il serbatoio delle cellule infette.
- gli studi sul turnover virale e sulle cellule CD4+ suggeriscono che la perdita di queste cellule possa essere spiegata sulla fase della distruzione delle cellule T infette da HIV.
Nelle fasi precoci dell’infezione, il sistema immunitario può rigenerare le cellule T perdute e quindi il tasso di cellule perdute appare basso; ciò maschera la massiccia morte delle cellule CD4+ che avviene principalmente nei tessuti linfoidi. - oltre all’infezione e alla riduzione del numero dei linfociti T CD4+, un ruolo molto importante nella patogenesi della malattia da HIV è giocato dall’infezione dei monociti e dei macrofagi; analogamente a quanto accade nelle cellule T, la maggior parte dei macrofagi che vengono infettati dall’HIV si trovano nei tessuti e non nel sangue periferico.
Le ipotesi sopra espresse portano ad altre considerazioni:
- la maggior parte dei retrovirus può replicarsi solo all’interno delle cellule proliferanti; tuttavia, l’HIV può infettare e moltiplicarsi anche in cellule differenziate e non proliferanti, come macrofagi. Questa proprietà dipende dal gene vpr la cui proteina consente al complesso di preintegrazione all’HIV di arrivare al nucleo attraverso i pori della membrana nucleare.
- I macrofagi infetti rilasciano una quantità molto piccola di virus dalla superficie cellulare, ma contengono un numero molto alto di particelle virali, localizzate esclusivamente nei vacuoli intracellulari. A differenza delle cellula CD4+ i macrofagi pur consentendo la replicazione virale, sono piuttosto resistenti all’effetto citopatico dell’HIV.
- Molto probabilmente i macrofagi agiscono come controllo dell’infezione.
L’infezione dei macrofagi ha tre importanti conseguenze:
- In primo luogo, i macrofagi e i monociti costituiscono una vera e propria fabbrica di virus, in buona misura protetta dalle difese dell’ospite.
- In secondo luogo, i macrofagi forniscono all’HIV un modo sicuro per essere trasportati in varie parti del corpo, e in particolare nel sistema nervoso.
- Infine, nelle fasi avanzate dell’infezione, quando il numero delle cellule CD4+ è drasticamente ridotto, i macrofagi possono la sede principale di replicazione virale.
Le ricerche hanno provato che, oltre ai macrofagi, anche due tipi di cellule dendritiche sono importanti bersagli all’inizio e nel mantenimento dell’infezione da HIV: le cellule dendritiche delle mucose e quelle follicolari.
Si ritiene che le cellule dendritiche delle mucose, chiamate cellule di Langherans, catturino il virus e lo trasportino ai linfonodi regionali, dove le cellule T CD4+ saranno infettate; le cellule dendritiche follicolari, localizzate nei centri germinativi dei linfonodi sono, analogamente ai macrofagi, serbatoi importanti di HIV.
Per riassumere, le cellule T CD4+, i macrofagi e le cellule dendritiche follicolari presenti nei tessuti linfoidi costituiscono le fonti principali di infezione e persistenza di HIV; l’infezione cronica a basso livello o latente delle cellule T e dei macrofagi è una caratteristica importante nell’infezione da HIV.
Nelle fasi precoci dell’infezione, solo poche cellule T CD4+ del sangue o dei linfonodi esprimono il virus, mentre si può dimostrare, mediante la reazione a catena della polimerasi PCR che fino al 30% delle cellule nei linfonodi contiene il genoma dell’HIV.
Per comprendere le basi molecolari dei meccanismi che portano al termine della latenza, si deve considerare gli eventi coinvolti nell’attivazione delle cellule T CD4+.

E’ che l’attivazione indotta dall’antigene o dai mitogeni è associata alla trascrizione dei geni che codificano per la citochina IL-2 e per il suo recettore IL-2R; a livello molecolare, a ciò contribuisce l’induzione di un fattore di legame nucleare chiamato NF-kB (nuclear factor kB).
Nelle cellule T quiescenti NF-kB è sequestrato nel citoplasma, complessato nella famiglia I-kB; l’attivazione cellulare ad opera delle dell’antigene o delle citochine (per es. TNF-, IL-1, IL-2), attiva le chinasi citoplasmatiche che inducono il rilascio di NF-kB dal legame con I-kB, consentendo il suo trasporto nel nucleo.
All’interno del nucleo, NF-kB si lega alle sequenze intensificatrici (enhancers) situate nei promotori di diversi geni (siti kB), tra cui quelli delle citochine, che vengono normalmente espresse nelle cellule attivate.
Le sequenze terminali lunghe ripetute (LTR) (vedi figura a pagina 32) che fiancheggiano il genoma dell’HIV, contengono anch’esse siti kB che possono essere attivati dagli stessi fattori di regolazione nucleari.
Se una cellula CD4+ infetta in maniera latente incontra un antigene presente nell’ambiente, l’induzione di NF-kB in questa cellula (risposta fisiologica)attiverà la trascrizione del genoma provirale di HIV (conseguenza patologica) e porterà alla produzione di virioni e a lisi cellulare.
Inoltre anche il TNF-, una citochina prodotta dai macrofagi attivati, conduce all’attivazione trascrizionale del genoma di HIV; la produzione di HIV da parte dei macrofagi è stimolata anche da altre citochine proinfiammatorie come TNF-, TNF-, IFN-y, IL-6 e GM-CSF: molte di queste citochine sono prodotte durante le normali risposte immunitarie, di queste, il TNF-, prodotto dai macrofagi, è di particolare importanza perché può agire sia in maniera autocrona che paracrina.
Le citochine anti-infiammatorie come IL-10, inibiscono la replicazione di HIV deprimendo la produzione delle citochine che ne stimolano l’induzione; quindi l’HIV prospera quando i macrofagi e le cellule T dell’ospite vengono attivati fisiologicamente; in vivo questa stimolazione può essere derivata da stimolazione antigena, specialmente ad opera di altri agenti infettivi come il citamegalovirus, l’EBV, il virus dell’epatite B e Micobacterium tubercolosis.
Nei pazienti effetti da AIDS si innesca un circolo vizioso di distruzione cellulare; le molteplici infezioni a cui questi pazienti sono soggetti è causa della ridotta funzione delle cellule T helper, porta ad un aumento delle citochine proinfiammatorie che, a loro volta, stimolano una maggiore produzione di HIV, a cui fa seguito una ulteriore perdita di cellule CD4+.
Sebbene la maggiore attenzione sia stata focalizzata sulle cellule T e sui macrofagi, a causa della loro suscettibilità all’HIV, i pazienti con AIDS mostrano anche profonde alterazioni nella funzionalità delle cellule B.
Paradossalmente questi pazienti presentano ipergammaglobulinemia e immunocomplessi circolanti, a causa dell’attivazione policlonale delle cellule B; ciò può dipendere da diversi fattori che interagiscono fra loro, come le infezioni con citomegalovirus e EBV, entrambi di attivazione policlonale delle cellule B.
La stessa gp41 può promuovere la crescita e il differenziamento dei linfociti B, mentre i macrofagi infetti da HIV producono maggiori quantità di IL-6, che favorisce l’attivazione delle cellule B.
A dispetto delle cellule B attivate spontaneamente, i pazienti con AIDS sono incapaci di montare una risposta anticorpale nei confronti di un nuovo antigene; ciò può essere in parte dovuto alla mancanza della funzione T-helper.
L’inefficacia dell’immunità umorale rende questi pazienti preda di infezioni disseminate, provocate da batteri capsulati che richiedono anticorpi per essere efficacemente opsonizzati; le cellule CD4+ giocano un ruolo cruciale nella regolazione della risposta immune: essi producono una pletora di citochine come IL-2, IL-4, IL-5, IFN-y, fattori chemiotatici per i macrofagi, fattori di crescita emopoietici, quindi la perdita di questa cellula principale ha effetto su ogni altra cellula del sistema immunitario.
Si vedano le figure sotto riportate


Modalità di intervento dei prodotti.
Di norma un paziente effetto da AIDS viene diagnosticato quando il virus è ormai penetrato nella cellula ospite e i danni biochimici sono in stato avanzato, pertanto l’intervento di cura deve essere indirizzato sia nella fase di ingresso della cellula che nelle fasi di trascrizione intracellulare.
Fase di ingresso.

Citexivir possiede una serie di proteine che presentano un’alta affinità con le proteine gp120 e gp41 che sono in grado di legarsi e annullare la possibilità di HIV a reagire con il recettore della cellula ospite.
Ergozym possiede proteine ad alta affinità con i recettori CCR5 e sono quindi in grado di annullare qualunque reazione di adesione di HIV.
Attività citoplasmatica.

Con lo stesso meccanismo Citexivir, Ergozym e Propulzym interagiscono come le proteine CXCR4 delle cellule T e CCR5 dei macrofagi nei linfonodi regionali agendo sulle proteine vpr e di conseguenza l’HIV non può arrivare al nucleo attraverso i pori della membrana nucleare, come normalmente succede.
Citexivir inibisce le citochine TNF-, IL-6, GM-SCF annullando di conseguenza l’effetto di stimolazione antigenica da citochine annullando la massiccia replicazione virale e la lisi delle cellule CD4+.
E’ fatto assoluto divieto la copiatura e la divulgazione del presente documento se non autorizzati dalla SOC. CITOZEATEC SRL
Staff Scientifico Citozeatec srl